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Incentivi Rinnovabili: autoconsumo collettivo e comunità energetiche

Tutti gli incentivi sulle rinnovabili che riguardano le comunità energetiche: tariffe scontate, cumulo con i bonus e gli investimenti nel PNRR

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Tra gli incentivi sulle energie rinnovabili attualmente in vigore figurano quelli per le comunità energetiche. Queste configurazioni sono particolarmente importanti visto che permettono di consumare l’energia che producono gli impianti a fonti rinnovabili come quelli fotovoltaici ai propri membri. Di fatto quindi, le comunità energetiche permettono la condivisione dell’energia consentendo un risparmio sulle bollette ai soggetti che ne fanno parte.

I vantaggi economici delle comunità energetiche sono evidenti. Ma lo sono ancora di più per merito delle incentivi per le rinnovabili che le riguardano. Queste agevolazioni infatti permettono a tutti i membri di godere delle tariffe incentivanti e quindi di risparmiare su quella parte di energia elettrica che comunque preleverebbero dalla rete elettrica nazionale. Tali tariffe sono a sua volta cumulabili con altri incentivi per le rinnovabili come ad esempio quelli per l’installazione degli impianti fotovoltaici o per gli interventi di ristrutturazione delle abitazioni: bonus ristrutturazione, ecobonus e Superbonus 110%.

Abbiamo cercato di fare il punto della situazione qui di seguito.

Autoconsumo collettivo: cos’è

Con il termine autoconsumo collettivo ci si riferisce in generale alla possibilità concessa per legge di produrre energia elettrica da fonti rinnovabili tramite un impianto di generazione locale. Ma non solo. Il termine indica anche la possibilità di consumarla nell’ambito della propria collettività soprattutto se questa è intesa come l‘insieme degli abitanti di uno stesso edificio.

I soggetti che fanno parte di una comunità energetica per autoconsumo collettivo possono essere sia i condòmini, che persone fisiche ma anche enti pubblici.

Per quanto riguarda l’ottenimento degli incentivi per le rinnovabili però forse è meglio fare riferimento alla definizione di ENEA di autoconsumo. La riportiamo qui di seguito:

L’autoconsumo di energia è una coalizione di utenti che, tramite la volontaria adesione ad un soggetto giuridico, collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno più impianti energetici locali.

Per rientrare negli incentivi rinnovabili quindi, l’autoconsumo di energia può essere di 3 livelli:

  • individuale,
  • collettivo,
  • di comunità.

Specifichiamo inoltre che in Italia, sia autoconsumo collettivo che comunità energetiche (gli ultimi 2 livelli) sono legali almeno dal 2020 (scopri di più qui). Questi soggetti hanno solitamente un unico obiettivo: autoprodurre e fornire energia rinnovabile a prezzi competitivi.

Differenza tra gruppi di autoconsumo e comunità energetica

Sia autoconsumo che comunità energetica danno quindi diritto all’accesso a particolari incentivi per le rinnovabili. Ma qual è la differenza tra queste due configurazioni? Ne parliamo qui di seguito:

  • Si parla di autoconsumo collettivo quando ci si riferisce ad un gruppo di utenti che con le loro diverse utenze è locato su un singolo edificio (un condominio, un centro commerciale, ecc.). Gli impianti possono essere di proprietà di soggetti terzi e usufruire di detrazioni fiscali o incentivi per le rinnovabili. Il classico esempio è il condominio con pannelli solari sul tetto che forniscono elettricità alle utenze condominiali ed alle unità abitative del palazzo.
  • Si parla di comunità energetica quando i membri che la compongono (tramite contratto) sono un gruppo di privati, enti, PMI che si costituiscono in forma giuridica per produrre e condividere energia. In questo caso i soggetti che partecipano devono necessariamente produrre energia green e condividerla tramite reti di distribuzione esistenti e o con autoconsumo virtuale. I soggetti che ne fanno parte quindi difficilmente risiedono all’interno dello stesso edificio.

Ma le precisazioni non finiscono di certo qui. Possono infatti esistere due diverse tipologie di comunità energetiche, le seguenti:

  • Comunità Energetica Rinnovabile: con autonomia tra i membri (posti in prossimità degli impianti di generazione) e possibilità di gestire l’energia in diverse forme (elettricità, calore, gas) purché generate da fonte rinnovabile.
  • Comunità Energetica di Cittadini: non sono previsti i principi di autonomia e di prossimità dei membri e può gestire soltanto la generazione di elettricità.

Normativa di riferimento di C.E.R. e gruppi di autoconsumo

La normativa italiana regolamenta dunque sia l’autoconsumo collettivo tra famiglie condomini sia le comunità energetiche rinnovabili. Possono far parte di entrambe le configurazioni i seguenti soggetti:

  • persone fisiche
  • PMI
  • enti locali ubicati in un perimetro condiviso.

In entrambi i casi, lo scopo di CER e gruppi di autoconsumo deve essere quello di ottenere o far ottenere forti risparmi in bolletta per le utenze domestiche, condominiali, delle PMI o dei distretti artigiani. Se questo scopo non è verificato allora cadono anche i presupposti di una C.E.R. oltre che quelli per accedere agli incentivi per le rinnovabili.

A stabilire tutto ciò è il DL162/19 (articolo 42bis) e i relativi provvedimenti attuativi:

  • la delibera ARERA 318/2020/R/eel;
  • Decreto MiSE del 16 settembre 2020.

In concomitanza con queste normative dobbiamo precisare che lo stato italiano, oltre ad introdurre incentivi alle rinnovabili, mira ad accelerare sulla transizione energetica ed ecologica del sistema elettrico in Italia. L’obiettivo è quello di creare un sistema decentrato, quindi con architettura “many to many”, alimentato con energie pulite. Un obiettivo ambizioso che è particolarmente evidente anche dagli obiettivi individuati e perseguiti dal PNRR:

Come funziona l’autoconsumo collettivo?

L’autoconsumo di energia è il fine per cui sono stati introdotti gli incentivi per le rinnovabili riguardanti le comunità energetiche. Questo concetto infatti si riferisce al fatto che i membri di una stessa collettività o edificio utilizzano l’energia prodotta dal proprio impianto F.E.R. per soddisfare le proprie esigenze energetiche. Con l’autoconsumo collettivo, secondo lo stesso principio, tutti i soggetti che appartengono alla medesima collettività utilizzano l’energia autoprodotta condividendola attraverso la rete di distribuzione esistente.

Ma come funziona tutto ciò?

La realtà in questo caso è più semplice di quanto ti possa immaginare. Ogni utente infatti disporrà di un contatore che calcola l’energia consumata ed uno che invece calcola quella immessa in rete. In questo modo sarà semplice risalire ai consumi ed alla produzione di ogni utenza remunerandola e quantificandone la spesa in maniera esatta.

Un esempio pratico di autoconsumo collettivo in condominio

Per capire come funzionano nella pratica gli incentivi per le rinnovabili che permettono l’autoconsumo collettivo condominiale, è necessario procedere prima con un esempio pratico.

Immaginiamo di installare sul tetto di un condominio un impianto fotovoltaico di dimensioni adeguate. Grazie ad esso, la palazzina potrebbe produrre abbastanza energia per alimentare le utenze delle parti comuni dell’edificio oltre a coprire una parte del fabbisogno energetico dei singoli appartamenti. La quota di autoconsumo potrebbe aggirarsi attorno al 50% dell’energia prodotta con il restante 50% che andrebbe immesso nella rete elettrica nazionale.

C’è anche da considerare il fatto che, l’impianto che il condominio andrà a realizzare potrà usufruire delle detrazioni fiscali del caso. Queste, giusto per affrontare brevemente l’argomento, possono prevedere uno sconto in fattura anche del 50% contribuendo ad abbattere enormemente il costo dell’investimento. Inoltre, grazie all’accesso alle tariffe incentivanti della durata di 20 anni, ed i risparmi energetici connessi alla realizzazione dell’impianto, le famiglie del condominio potrebbero risparmiare migliaia di euro.

Entrambi i fattori, incentivi rinnovabili e tariffe incentivanti, se sommati insieme, permettono di coprire l’investimento in pochi anni rendendolo davvero conveniente!

Incentivi per le rinovabili riguardanti del comunità energetiche

L’11 aprile 2022, il GSE ha aggiornato le regole per costituirsi in Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), ossia in associazioni di autoproduzione locale. A tale scopo è possibile inoltrare le domande per gli incentivi per le rinnovabili sotto forma di contributi ad esse riservati.

In particolare, sul sito del GSE sono indicati:

  • i requisiti,
  • le modalità di accesso,
  • lo schema di contratto
  • le tempistiche di erogazione degli incentivi.

D’altronde questo particolare incentivo per le rinnovabili è regolato dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ed è riconosciuto per un periodo di 20 anni.

Fino alla pubblicazione dei Decreti Attuativi dei provvedimenti che recepiscono la direttiva europea RED II (previsti dal Dlgs 199/2021 di recepimento della direttiva 2018/2001/Ue) rimane in vigore la disciplina del decreto Milleproroghe 2020. E’ tale disciplina a definire regole e gli incentivi per le rinnovabili dedicate alla comunità energetiche.

In particolare, le tariffe incentivanti per l’energia auto-consumata sono pari rispettivamente a:

  • 100 €/MWh per le configurazioni di autoconsumo collettivo;
  • 110 €/MWh per le comunità energetiche rinnovabili.

Il ruolo dell’Autoconsumo nel PNRR

Le comunità energetiche, lo ricordiamo, giocano un ruolo importante nella transizione green prevista dal PNRR che prevede investimenti mirati in tal senso. Tra questi investimenti rientrano infatti quelli per lo sviluppo delle comunità energetiche e dei sistemi di generazione distribuita con impianti di piccola taglia.

Lo stesso PNRR prevede inoltre, incentivi per le  Rinnovabili e per l’autoconsumo che ammontano a 2,2 miliardi di euro. Tali incentivi serviranno per il sostegno alle comunità energetiche e delle strutture collettive di autoproduzione, anche nei piccoli Comuni, sostenendo l’economia di aree a rischio di spopolamento.

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E’ tutto bloccato per le comunità energetiche rinnovabili e autoconsumo oppure no?

Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo: è tutto bloccato oppure no? Ecco il punto della situazione

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Il 15 dicembre 2021 è entrato in vigore il Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Gazzetta Ufficiale 30 novembre 2021, n. 285 – S.O. n. 42/L) sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. E’ proprio questo decreto ad aver definito una nuova regolamentazione degli incentivi per la condivisione dell’energia per le configurazioni di comunità energetiche rinnovabili e autoconsumo collettivo.

La normativa in questione però non è definitiva. Manca ancora un Decreto Attuativo, non la bozza di cui parliamo quiche entri nel merito dei meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili di potenza non superiore a 1 MW nelle configurazioni che abbiamo appena menzionato.

Ma quindi per Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo è tutto bloccato oppure no?

Abbiamo cercato di fare chiarezza in merito qui di seguito.

Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo: tutto bloccato?

Per Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo sembrerebbe quindi che sia necessario attendere questo decreto attuativo.

La realtà dei fatti è però un’altra. La mancanza di questo decreto attuativo infatti non significa che per Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo è tutto bloccato. La legge infatti prevede un regime transitorio in attesa dell’approvazione di questo decreto che è quindi quello valido in questo momento.

Tuttavia, come stabilito dall’art. 8, comma 1 del D.Lgs. n. 199/2021 il nuovo decreto attuativi dovrà:

  • stabilire le modalità di transizione e raccordo fra il vecchio e il nuovo regime, al fine di garantire la tutela degli investimenti avviati;
  • aggiornare i meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo o in comunità energetiche rinnovabili di potenza non superiore a 1 MW, sulla base dei seguenti criteri direttivi:
  • permettere l’accesso all’incentivo agli impianti con una potenza non superiore a 1 MW e che entrano in esercizio in data successiva a quella di entrata in vigore del presente articolo 8 comma 1 del D.Lgs. n. 199/2021;
  • stabilire le modalità di erogazione dell’incentivo solo in riferimento alla quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo connesse sotto la stessa cabina primaria;
  • erogare l’incentivo per Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo in forma di tariffa incentivante attribuita alla sola quota di energia prodotta dall’impianto e condivisa all’interno della configurazione;

Il regime transitorio attualmente in vigore

A prescindere da quello che dovrà o non dovrà normare il nuovo decreto attuativo in merito a Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo in questo momento è necessario applicare le norme del regime transitorio.

Tale regime è individuato dall’articolo 42-bis, comma 9, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8. Inoltre dobbiamo precisare che è stata anche individuata una tariffa incentivante da applicare alle configurazioni di Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo. I riferimenti a tali incentivi sono contenuti nella risoluzione 12 marzo 2021, n. 18/E, dell’Agenzia delle Entrate.

In attuazione di tali disposizioni dobbiamo fare inoltre riferimento alla delibera ARERA n. 318/2020/R/eel del 4 agosto 2020. All’interno di tale delibera vengono infatti disciplinate le modalità e la regolazione economica relative all’energia elettrica oggetto di condivisione in edifici o condomìni da parte di un gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile. Tali soggetti possono agire collettivamente oppure nell’ambito di comunità di energia rinnovabile.

Inoltre, con il decreto del Ministero dello sviluppo economico 16 settembre 2020 è stata individuata la citata “tariffa incentivante” per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili inseriti in tali configurazioni sperimentali.

Ma cosa stabilisce la delibera ARERA di preciso in merito a Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo?

La delibera ARERA

La delibera ARERA ha un ruolo fondamentale nel regime transitorio in merito alle Configurazioni di Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo. Questo perché definisce in maniera univoca sia gli Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente sia le comunità di energia rinnovabile.

Riportiamo qui di seguito queste definizioni.

Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente

Gli “Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” sono un insieme di almeno due clienti finali i cui punti di prelievo dell’energia sono ubicati all’interno del medesimo edificio o condominio e che agiscono collettivamente.
L’agire collettivo è determinato da di un accordo privato. All’interno di questo accordo si stabilisce che entrambi i soggetti, possano produrre energia elettrica per il proprio consumo. I soggetti hanno inoltre la facoltà di immagazzinare o vendere le eccedenze non consumate da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili, ubicati nel medesimo edificio o condominio.
L’importante è che questi impianti non devono avere singolarmente una potenza complessiva non superiore a 200 kW. Inoltre devono essere tutti entrati in esercizio dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge 162 del 2019 ed entro i sessanta giorni successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento di recepimento della direttiva 2018/2001.
I soggetti che intendono far parte del gruppo sono clienti domestici o altri soggetti. L’importante è che le attività di produzione e scambio dell’energia elettrica non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale dei medesimi soggetti.
Infine, gli impianti di produzione possono essere di proprietà del cliente finale facente parte del gruppo, del Condominio o di un soggetto terzo. Gli impianti inoltre possono anche essere gestiti da un soggetto terzo (ad esempio, fornitore di energia o le Energy Service Company – ESCo) purché questo rimanga soggetto alle istruzioni dell’auto consumatore di energia rinnovabile.

Comunità di energia rinnovabile

Secondo la delibera ARERA le “Comunità di energia rinnovabile”, sono un soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria. Il soggetto giuridico è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili detenuti dalla comunità.

La finalità principale del soggetto deve essere quella di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera. Le comunità energetiche quindi non nascono per fornire profitti finanziari ai propri membri.

Possono far parte di una Comunità energetica:

  • persone fisiche,
  • piccole e medie imprese a patto che la partecipazione alla Comunità di energia rinnovabile non costituisca la loro attività commerciale e industriale principale,
  • enti territoriali,
  • autorità locali, comprese le amministrazioni comunali.

Anche in questo caso gli impianti di produzione devono avere singolarmente una potenza complessiva non superiore a 200 kW. Inoltre devono essere tutti entrati in esercizio dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 162 del 2019 ed entro i sessanta giorni successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento di recepimento della direttiva 2018/2001. Infine, tali impianti devono essere di proprietà o detenuti dalla comunità di energia rinnovabile e possono essere gestiti dalla comunità medesima o da un suo membro o da un produttore terzo.

Ulteriori precisazioni su Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo:

Ma il già citato articolo 42-bis, comma 9, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 non si ferma qui. Al suo interno sono infatti contenute ulteriori precisazioni che riguardano i seguenti aspetti:

  • I “clienti finali” associati in una delle predette configurazioni mantengono i loro diritti di cliente finale. Pertanto hanno comunque diritto di scegliere il proprio venditore e possono recedere in ogni momento dalla configurazione di autoconsumo.
  • Il contratto di diritto privato che regola i rapporti tra i partecipanti alle configurazioni di Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo inoltre permette di individuare un delegato responsabile al riparto dell’energia condivisa. Tale soggetto può, inoltre, essere delegato anche alla gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE
  • Sull’energia prelevata dalla rete pubblica dai clienti finali devono essere applicati gli oneri generali di sistema ai sensi dell’articolo 6, comma 9, secondo periodo, del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244;
  • Gli impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle predette configurazioni accedono al meccanismo tariffario di incentivazione previsto con il citato decreto MISE.

Comunità energetiche rinnovabili e Autoconsumo quali norme applicare in questo momento?

Al momento è quindi possibile valutare l’incentivazione di comunità energetiche ed eventualmente di autoconsumatori per impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW. Come abbiamo infatti riportato all’interno di questo articolo infatti, in questi casi, è certamente possibile utilizzare le norme già in vigore.

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I nuovi incentivi per le comunità energetiche rinnovabili

Facciamo chiarezza sui nuovi incentivi per le comunità energetiche

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E’ da diverso tempo oramai che stiamo parlando sempre più spesso di comunità energetiche rinnovabili. Questo perché il governo Italiano sta facendo di tutto per accelerare la transizione ecologica e quindi ciclicamente il dibattito intorno alle C.E.R. torna ad infiammarsi. Specie adesso che il caro bollette dovute al conflitto tra Russia e Ucraina impone di trovare nuove soluzioni al nostro fabbisogno energetico.

Anche noi abbiamo affrontato questi argomenti diverse volte all’interno delle pagine di questo blog spiegando dettagliatamente in cosa consistono le comunità energetiche, quali sono i vantaggi, gli incentivi dedicate ad esse e la normativa che le regola. Proprio sulle normative però sono emersi alcuni problemi visto che ancora mancano i decreti attuativi (scopri di più qui) che definiscono diversi importanti aspetti.

Ed è proprio in vista di questi decreti attuativi che molto probabilmente saranno previsti i nuovi incentivi per le comunità energetiche. Puoi scoprire di più in merito a quelli già in vigore cliccando qui.

Tra le novità più importanti di questi nuovi incentivi per le comunità energetiche c’è senza dubbio il fatto che prima riguardavano solo gli impianti fino a 200 kW, mentre adesso il raggio si amplia a quelli fino a 1000 kW. Qui di seguito abbiamo spiegato come dovrebbero funzionare questi nuovi incentivi e cosa cambia rispetto a quelli precedenti.

Vuoi dettagli sulla normativa completa delle CER 2023? Allora clicca qui e leggi la nostra guida!

I bandi per le comunità energetiche rinnovabili

Le caratteristiche dei nuovi incentivi per le comunità energetiche sono ancora in fase di definizione. Il Ministero della Transizione Ecologica ha infatti fatto sapere che in questi giorni sono in corso le consultazioni tecniche per definirli meglio. Tuttavia una cosa è certa: questi incentivi si applicheranno agli impianti di comunità energetiche con potenza fino a 1000 kW.

Il nuovo decreto del Mite avrà quindi l’effetto di potenziare il campo di applicazione degli incentivi rispetto a quanto previsto. In questo momento infatti solo le comunità energetiche più piccole potevano usufruirne ovvero quelle fino a 200 kW di potenza.

Nuovi incentivi alle comunità energetiche rinnovabili, facciamo il punto

Iniziamo subito con una buona notizia. Cittadini, autorità locali e PMI possono già realizzare comunità energetiche accedendo agli incentivi dedicati. Per il momento però questi incentivi si applicano solo agli impianti fino a 200 kW che sono realizzati nell’ambito di comunità energetiche o configurazioni di autoconsumo collettivo.

Le norme di riferimento

Prima di parlare dei nuovi incentivi per le comunità energetiche rinnovabili dobbiamo avere bene a mente quelli che sono i provvedimenti attualmente in vigore in Italia. Tali provvedimenti sono due:

  • decreto Milleproroghe che, nel 2019, che di fatto ha anticipato quanto previsto dalla direttiva europea sulle energia rinnovabili
  • recepimento di tale direttiva europea, la Red II, applicata in Italia con decreto 199/2021. In particolare, la trasposizione della direttiva europea sulla promozione delle energie rinnovabili ha definito una nuova regolamentazione degli incentivi per la condivisione dell’energia.

La direttiva Europea è stata recepita, però manca ancora il provvedimento attuativo delle misure previste dal decreto 199/2021. E’ proprio tale decreto attuativo ad avere il compito di definire i nuovi incentivi per le comunità energetiche o per gli impianti inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo di potenza superiore a 1 MW. Peccato però che i termini entro cui sarebbe dovuto essere adottato siano già scaduti.

Nel frattempo però è prevista l’applicazione del regime transitorio, quindi le regole stabilite a fine 2019 dal decreto Milleproroghe. Regole che sono state a sua volta dettagliate dal decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 16 settembre 2020.

I nuovi incentivi per le comunità energetiche quindi non sono al momento disponibili, anche se rimane comunque possibile accedere a quelli per li impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW.

Gli incentivi per le c.E.R. più piccole

In attesa dei nuovi incentivi per le comunità energetiche, ricapitoliamo brevemente qui di seguito quelli attualmente in vigore. In particolare, l’energia condivisa dagli impianti più piccoli, che non superano la soglia dei 200 kW, ha diritto ad un incentivo diviso in due componenti:

  • 100 €/MWh per le configurazioni di autoconsumo collettivo;
  • 110 €/MWh per le comunità energetiche rinnovabili.

A questi incentivi deve però essere aggiunta una tariffa di restituzione di circa 9 €/MWh sull’energia condivisa per valorizzare i benefici apportati al sistema. Tale importo rimarrà fisso per i 20 anni successivi.

Inoltre, all’incentivo sull’energia condivisa deve anche essere aggiunto e il prezzo medio dell’energia ceduta in rete tramite il ritiro dedicato o la vendita al mercato dell’energia. Pertanto sia con i vecchi che con i nuovi incentivi per le comunità energetiche potresti ottenere dei notevoli risparmi in bolletta.

I nuovi incentivi per le comunità energetiche più grandi ovvero quelle fino ad 1 MW

Il recepimento nella normativa italiana della direttiva Europea Red II sulle rinnovabili ha imposto di alzare l’asticella con dei nuovi incentivi per le comunità energetiche. Tali incentivi dovranno essere rivolti alle C.E.R. più grandi i cui impianti avranno una potenza che potrà arrivare anche fino a 1 MW.

Secondo la nota del Ministero della Transizione Ecologica dello scorso 11 ottobre, il decreto attuativo, dovrebbe arrivare prossimamente. Nella nota possiamo infatti leggere che:

“Sono in corso le consultazioni tecniche per definire gli incentivi per gli impianti di comunità energetiche con potenza fino a 1000 kW. Il nuovo decreto amplierà il campo di applicazione di quanto già previsto per le comunità più piccole”.

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Le comunità energetiche contro il caro energia

Le comunità energetiche: condivisione dell’energia rinnovabile per migliorare l’impatto ambientale, accedere agli incentivi e contrastare il caro energia

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Sono in molti a cercare una valida soluzione per far fronte all’attuale crisi energetica visti i recenti rincari delle bollette di gas e luce. Per ovviare alla situazione potrebbe diventare opportuno ricorrere direttamente all‘autoproduzione di energia ed all’autoconsumo della stessa. In questo caso, condomini, associazioni, imprese, amministrazioni pubbliche e privati cittadini potrebbero riuscire a diventare indipendenti da un punto di vista energetico. Le comunità energetiche rinnovabili o C.E.R. descrivono alla perfezione questa situazione e per fortuna, sembra stiano decollando in tutta Europa.

In Italia, la legge sulle comunità è energetiche è stata promossa con il decreto Milleproroghe 162/2019, il quale a sua volta ha recepito la Direttiva europea RED II 2001/2018. E’ grazie a tale direttiva che oggi la legge riconosce valenza giuridica alle associazioni tramite cui è possibile costituire le comunità energetiche.

Inoltre, tale legge introduce la figura del produttore/consumatore di energia: da consumatori passivi, legati a un solo fornitore di energia, a consumatori attivi e produttori; questo è il passaggio che le Comunità vogliono promuovere. Le Comunità energetiche prevedono il coinvolgimento di una serie di soggetti privati e/o pubblici. Costoro costituiscono un ente legale, e scelgono di produrre energia elettrica pulita, autoprodotta e condivisa attraverso fonti rinnovabili come gli impianti fotovoltaici, a prezzi accessibili ai propri membri.

Per questo, in un periodo in cui pesa molto la nostra dipendenza energetica dall’estero come questo, le comunità energetiche rinnovabili rappresentano una soluzione golosa per quanti anelano a ridurre i propri i costi energetici e accedere agli incentivi per l’energia condivisa. Ma non solo. Le comunità energetiche sono anche un’opportunità che permette di migliorare l’impatto ambientale dei singoli e della collettività oltre a contribuire allo sviluppo di reti energetiche sostenibili.

Abbiamo deciso di fare il punto della situazione insieme ai nostri esperti qui di seguito.

Le Comunità energetiche: cosa sono

La comunità energetica è un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese. L’obiettivo di questa unione è quello di dotarsi di impianti per la produzione, l’autoconsumo e la condivisione di energia prodotta da fonti rinnovabili.

In parole più semplici, una comunità energetica esiste quando due o più soggetti si mettono insieme al fine di produrre energia che può essere auto-consumata, scambiata e, in casi di surplus, ceduta alla rete. Il fatto di produrre energia elettrica permette di ottenere degli incentivi economici. La cessione dell’energia viene ripagata ai prezzi di mercato. Tutto ciò grazie all’entrata in vigore del decreto-legge 162/19 (articolo 42 bis) e della delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MiSE.

In sostanza far parte di una comunità energetica ti permette anche di accedere a delle tariffe incentivanti per il consumo di energia, per quella quota che preleveresti dalla rete elettrica nazionale. Puoi approfondire l’argomento qui.

I soggetti partecipanti

Possono entrare a far parte delle Comunità energetiche:

  • persone fisiche,
  • piccole e medie imprese (PMI),
  • enti territoriali,
  • autorità locali,
  • amministrazioni comunali,
  • enti di ricerca e formazione,
  • enti religiosi,
  • enti del terzo settore,
  • associazioni.

Ciascun partecipante è membro o azionista, è un cliente finale intestatario di un’utenza, di una bolletta energetica e di un codice POD. L’unico requisito che devono rispettare per far parte della C.E.R. è che devono essere collegati a punti di connessione ubicati su reti elettriche sottese alla stessa cabina primaria.

Inoltre è necessaria un ulteriore precisazione: le comunità energetiche non possono annoverare fra i loro membri imprese la cui attività commerciale e/o industriale principale sia quella relativa alla C.E.R. di cui fanno parte.

Le comunità energetiche: scopo e obiettivi

Tutte le comunità energetiche hanno un obiettivo ed uno scopo ben preciso. In particolare, lo scopo è quello di ottimizzare la gestione energetica e renderla più efficiente. L’obiettivo invece è quello di arrivare ad autoprodurre, auto-consumare e condividere (ad esempio nei condomini e nelle aziende) l’energia.

Le Comunità energetiche possono quindi far ottenere i seguenti vantaggi ai propri membri:

  • ambientali. L’energia delle C.E.R. è prodotta da impianti ad energia rinnovabile, in genere fotovoltaica, e ad emissioni zero;
  • sociali. Il concetto stesso di comunità energetica si basa sulla condivisione di risorse volte a combattere quella che oggi viene chiamata povertà energetica;
  • economici. Producendo da soli l’energia che consumano, i membri di una comunità potranno beneficiare di una sostanziale riduzione delle bollette.

Caratteristiche degli impianti fotovoltaici che ne fanno parte

La comunità energetica produce energia ed alimenta le utenze dei suoi partecipanti attraverso uno o più impianti di produzione energetica rinnovabile come quelli fotovoltaici. Tali impianti ovviamente devono essere installati in prossimità delle stesse utenze che dipendono dal suo/loro funzionamento.

Tali impianti possono essere:

  • nuovi o già esistenti;
  • potenziati o adeguati;
  • di proprietà di uno o più membri della comunità energetica o di enti terzi.

Possono essere inclusi gli impianti rinnovabili costituiti prima del 15 dicembre 2021 (in misura non superiore al 30% della potenza complessiva della comunità energetica). Rimangono invece esclusi gli impianti ibridi.

In merito agli impianti che compongono le comunità energetiche dobbiamo segnalare alcune novità normative. In particolare, l’impianto che beneficia delle agevolazioni per le comunità energetiche deve:

  • essere di nuova costruzione,
  • non superare 1 Mw di potenza complessiva (in precedenza era di 200 Kw),
  • essere connesso alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria (corrispondente territorialmente a circa tre o quattro comuni oppure due o tre quartieri di una grande città) sulla quale insistono anche tutti gli iscritti alla comunità energetica. In questo modo è possibile utilizzare la stessa cabina di trasformazione per il prelievo e la cessione dell’energia elettrica con la rete.

Come si formano le comunità energetiche

Abbiamo deciso di riassumere in questi semplici punti i passaggi per creare le comunità energetiche

  1. creazione di un soggetto giuridico (un’associazione, una cooperativa, ecc.) che rappresenti i futuri soci della comunità (persone fisiche, piccole o medie imprese, enti territoriali, amministrazioni pubbliche locali);
  2. individuazione dell’area in cui installare l’impianto (o gli impianti) di produzione, che si deve trovare in prossimità dei consumatori stessi. Non è necessario che l’impianto sia di proprietà della comunità. Esso infatti può essere messo a disposizione da uno solo dei membri partecipanti o più di uno, se non addirittura da un soggetto terzo;
  3. installazione da parte di ogni membro della comunità di uno smart meter. Questo non è altro che un contatore intelligente che riesce a rilevare in tempo reale le informazioni sulla produzione, l’autoconsumo, la cessione e il prelievo dalla rete dell’energia.

Le comunità energetiche: i vantaggi

Se hai letto fino a questo punto ti saranno particolarmente evidenti alcuni dei vantaggi delle comunità energetiche. Ricordiamo ad esempio che oltre a non dover pagare l’energia prodotta dai propri impianti, le comunità energetiche ricevono un incentivo statale per ogni kilowattora prodotto (condiviso tra i membri della comunità). Inoltre le comunità energetiche contribuiscono alla riduzione di emissioni inquinanti.

In ogni caso abbiamo esaminato questi vantaggi più in dettaglio qui di seguito:

  • bollette più basse. E’ evidente: più energia riuscirai ad auto-consumare, minori saranno i tuoi prelievi dalla rete elettrica nazionale, minori saranno i costi delle bollette. A questo proposito precisiamo che ogni membro della comunità mantiene il contratto con il proprio fornitore di energia elettrica, al quale paga la tradizionale bolletta. Tuttavia costui riceverà anche un compenso periodico dalla propria comunità un importo per la condivisione dei benefici a favore della stessa. Non essendo tassato, tale compenso si trasforma in una riduzione di bolletta;
  • costi più bassi e incentivi più alti. Aderendo a una CER si ha la possibilità di ottenere le detrazioni fiscali sugli impianti fotovoltaici per privati ed imprese. Inoltre, il GSE applica tariffe speciali per 20 anni sull’energia condivisa, le cosiddette tariffe incentivanti;
  • benefici ambientali. Utilizzando l’energia rinnovabile prodotta dai fotovoltaici si evita di produrre energia da fonti fossili e si riduce l’utilizzo di inquinanti e climalteranti.
  • consapevolezza sociale. Consolida il concetto di condivisione e di responsabilità sociale.

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Cosa sono le Comunità Energetiche Industriali?

Comunità energetiche industriali: cosa sono? Perché rappresentano il futuro per imprenditori ed imprese?

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Se sei un assiduo lettore di questo blog, avrai sicuramente letto qualche articolo sulle comunità energetiche rinnovabili e sui loro vantaggi all’interno di queste pagine. Tuttavia non abbiamo mai parlato di comunità energetiche industriali. Ma cosa sono di preciso?

Le comunità energetiche industriali non sono altro che C.E.R. i cui membri appartengono al mondo delle piccole e medie industrie. L’applicazione del concetto di comunità energetica al contesto imprenditoriale può infatti provocare indubbiamente degli effetti positivi alle imprese che ne fanno parte. Grazie alle C.E.R. industriali si potrebbe favorire una crescita sostenibile oltre che garantire un controllo dei costi energetici e quindi delle bollette.

Questi due argomenti, sono sempre più al centro del dibattito pubblico di questi ultimi anni.

In particolare, i cambiamenti climatici dovuti ad un eccessivo surriscaldamento del nostro pianeta stanno diventando particolarmente evidenti negli ultimi anni visto che i loro disastrosi effetti sono sotto gli occhi di tutti. Azzerare le emissioni di CO2 nel più breve tempo possibile è senza dubbio l’unica opzione per evitare danni ancora maggiori. Per questo le istituzioni europee e gli stati membri che hanno sottoscritto il “Clean energy for all Europeans package”, un pacchetto di misure che ha lo scopo di produrre energia sostenibile, da fonti rinnovabili, per il fabbisogno europeo.

Inoltre, ci sono da considerare anche gli effetti del conflitto tra Russia ed Ucraina sul prezzo del gas e quindi dell’elettricità. Gli aumenti di queste bollette stanno mettendo in ginocchio le famiglie italiane ma soprattutto le imprese. Molte di esse stanno chiudendo o hanno già chiuso in quanto la loro attività non riesce più a generare un profitto sufficiente.

Ma perché le comunità energetiche industriali potrebbero dare nuova linfa alle PMI italiane e di tutto il mondo?

Abbiamo cercato di scoprirlo insieme ai nostri esperti qui di seguito.

­Cosa sono le CER­ o comunità energetiche rinnovabili

Prima di parlare di comunità energetiche industriali, forse è meglio tornare brevemente sul concetto di comunità energetiche rinnovabili (C.E.R.).

Le C.E.R. sono e una nuova forma di promozione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili come gli impianti fotovoltaici. La novità non sta tanto nei modi in cui è possibile produrre energia da fonti rinnovabili, ma nel fatto che è possibile condividere l’energia prodotta da questi impianti F.E.R. tra i membri della comunità. Per questo gli stati europei si stanno impegnando a realizzare e sostenere in tutti i modi le comunità energetiche come quelle industriali.

In particolare, è la direttiva comunitaria RED II a stabilire che un insieme di utenti, sia PMI, che privati cittadini o enti pubblici, possano associarsi tra loro per produrre e condividere energia da impianti a fonti rinnovabili. Per farlo però questi soggetti devono aderire volontariamente ad un soggetto di diritto autonomo, un’associazione, che è appunto la CER.

Tra i membri di una comunità possiamo operare una distinzione importante. I membri di una C.E.R. non hanno infatti l’obbligo di possedere un impianto fotovoltaico. Pertanto esisteranno soggetti produttori, coloro che producono energia rinnovabile dal loro impianto F.E.R., e soggetti consumatori, coloro che invece non possiedono questo tipo di impianti. Pur potendo essere entrambi membri della C.E.R. godranno di maggiori o minori benefici in termini economici. L’importante è che questi soggetti siano situati in prossimità tra di loro, all’interno della stessa cabina di trasformazione di media-massa tensione.

Le comunità energetiche industriali quindi non sono nient’altro che una C.E.R. di cui fanno parte realtà industriali. Fra di esse ci saranno realtà che possiedono il loro impianto fotovoltaico e che condividono con la comunità e quindi con altre industrie l’energia che non riescono a consumare.

Autoconsumo e comunità energetiche

Alla base delle comunità energetiche industriali, così come per quelle rinnovabili, c’è il concetto di autoconsumo. Questo si riferisce alla possibilità di consumare in loco, ovvero senza immetterla in rete, l’energia prodotta dagli impianti. In questo modo il fabbisogno di energia prelevata dagli impianti di distribuzione nazionale, risulterà molto ridotto e pertanto ne beneficeranno anche le tasche delle imprese o degli utenti che partecipano alla C.E.R.

La realtà dei fatti però è che non sempre ciò è possibile: di giorno l’impianto potrebbe produrre più di quanto consuma la tua impresa. L’energia in eccesso in questo caso sarebbe condivisa con gli altri membri della comunità senza viaggiare all’interno delle rete di distribuzione nazionale, oppure, in alternativa, immessa in rete. D’altro canto, di notte, il fotovoltaico non riuscirà a produrre energia e quindi i membri della comunità sarebbero costretti a prelevarla, pagandola, dalla rete elettrica nazionale.

Tuttavia, proprio in virtù del fatto di non usufruire, per la distribuzione fra i suoi membri, della rete elettrica nazionale e del fatto di produrre energia che potrebbe essere immessa nella stessa rete, sono stati definiti dei meccanismi economici di incentivo per l’energia prelevata dai membri della comunità energetica industriale dalla rete elettrica.

Tariffe incentivanti per le comunità energetiche industriali

Gli incentivi cui ci riferivamo poco fa sono garantiti per 20 anni dalla data della costituzione della Comunità Energetica e sono noti anche come tariffe incentivanti. E’ evidente che esse sono diverse in base alla tipologia del soggetto, produttore e consumatore.

In particolare, per i produttori di energia sono previste tariffe incentivanti che ammontano a:

  1. 100 €/MWh se l’impianto di produzione fa parte di una configurazione di autoconsumo collettivo;
  2. 110 €/MWh se l’impianto fa parte di una comunità energetica rinnovabile.

A queste cifre va sommata quella che si ottiene dall’energia immessa nella C.E. con il Prezzo Zonale Orario. Pertanto la somma dei benefici vari ammonta a circa 0,16 cent di Euro per kWh. Tali valori sono calcolati sull’energia elettrica prodotta e che risulti condivisa ove, per Energia Condivisa si intende, in ogni ora, il minimo tra la somma dell’energia elettrica effettivamente immessa e la somma dell’energia elettrica prelevata per il tramite dei punti di connessione.

Per i consumatori di energia, ovvero coloro che non possiedono un impianto fotovoltaico, la tariffa incentivante ammonta ad una cifra compresa tra gli 8 ed i 10 Cent di Euro per ogni kWh. Tale tariffa è erogata soprattutto in funzione del fatto che consumando l’energia della comunità si evita la trasmissione dell’energia nella rete nazionale (costi di distribuzione).

Quali sono le finalità e gli obiettivi di una comunità energetica industriale?

Abbiamo cercato di riassumere gli obiettivi delle comunità energetiche industriali in questo elenco:

  • Salvaguardia ambientale. Uno degli obiettivi delle comunità energetiche industriali è la salvaguardia dell’ambiente che ci circonda. Utilizzando l’energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili come quelli fotovoltaici, le imprese e le industrie che ne fanno parte, contribuiscono all’abbattimento delle emissioni di CO2. Per produrre questa energia infatti non vengono sfruttati combustibili fossili che producono gas inquinanti ma l’energia solare a zero emissioni. Inoltre dobbiamo aggiungere che, proprio perché parte del fabbisogno energetico di queste imprese è soddisfatto con le fonti rinnovabili, la richiesta di energia prodotta con combustibili fossili sarà minore. Pertanto anche le emissioni di CO2 saranno minori.
  • Benefici sociali. Partecipare alle comunità energetiche industriali è senza dubbio un modo per creare uno spirito collaborativo fra imprese che vada al di là del mero interesse economico. Spirito collaborativo che potrebbe essere imitato anche dai semplici cittadini creando un circolo virtuoso vantaggioso per tutti.
  • Ritorno di immagine. Far parte di una comunità energetica industriale significa fare la propria parte per cercare di rendere la propria attività più sostenibile. La sostenibilità aziendale  Questo è un aspetto sempre più caro ai consumatori e pertanto può essere sfruttato per ottenere un ritorno di immagine in ambito comunicativo.
  • Vantaggi economici. L’autoconsumo individuale e collettivo garantito dalle comunità energetiche industriali, assiemi ai relativi incentivi sull’energia condivisa, consente alle imprese di ridurre i propri costi energetici. In alcuni casi, queste imprese, potrebbero addirittura dire addio a queste bollette liberando così risorse da utilizzare per aumentare la propria competitività.

Cumulabilità con gli incentivi per il fotovoltaico

Ma i vantaggi economici di partecipare ad una comunità energetica industriale non finiscono di certo qui.

Accedere ad una comunità energetica industriale infatti non preclude l’ottenimento degli altri incentivi per l’efficientamento energetico delle imprese. Questo significa che potresti ottenere gli incentivi per installare il tuo impianto fotovoltaico aziendale come gli ecobonus, il credito d’imposta per le imprese o la legge Sabatini.

In sostanza tra i vantaggi delle comunità energetiche c’è quindi il fatto di poter ottenere un doppio beneficio economico. Quello delle tariffe incentivanti sul consumo di energia e quello dell’abbattimento dei costi dell’investimento!

Cosa aspetti quindi a far parte di una comunità energetica industriale?

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Fotovoltaico e comunità energetica: tutti i vantaggi per la tua impresa

Fotovoltaico e comunità energetica sono un binomio vincente per la tua impresa! Scopriamo perché in questo approfondimento!

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Sono tempi duri, questi ultimi mesi, per gli imprenditori che possiedono un’attività produttiva che richiede delle grandi quantità di energia. I costi energetici infatti stanno diventando sempre più insostenibili visto che i prezzi dell’energia e del gas hanno subito un rincaro notevole.

La crisi energetica in atto fin da subito dopo la pandemia è stata ulteriormente aggravata dal conflitto tra Russia ed Ucraina. Il risultato di questo conflitto è che, vuoi come ritorsione contro le sanzioni imposte dall’Europa alla Russia, il maggior esportatore mondiale di gas, vuoi per una maggiore difficoltà a garantire gli approvvigionamenti al vecchio continente, il prezzo del gas è salito alle stelle. In concomitanza, anche il prezzo dell’energia elettrica ha subito questa sorte. 

Al momento quindi, le imprese italiane ma anche europee sono in forte difficoltà visto che a causa del caro bollette potrebbero non essere in grado di sostenere i costi energetici. Una situazione che in realtà è già grave di suo con molte attività che hanno già chiuso a causa dei rincari e con molte altre che stanno prevedendo di farlo.

L’unica soluzione per risolvere questa situazione è quella di riuscire a smarcarsi una volta per tutte dalle variazioni dei prezzi dell’energia, o in altre parole essere il più indipendenti possibile dal punto di vista energetico. Ma esiste un modo per farlo?

Quella che stiamo per darti è una bellissima notizia. Grazie al binomio fotovoltaico e comunità energetica potresti riuscire ad abbattere i costi delle bollette in quanto potresti consumare l’energia che produce il tuo impianto!

In questo modo saresti senza dubbio al riparo dalle variazioni dei costi del prezzo dell’energia, ma non solo. Il binomio fotovoltaico e comunità energetica potrebbe farti ottenere anche altri vantaggi!

Abbiamo quindi deciso di approfondire l’argomento del fotovoltaico e delle comunità energetiche qui di seguito insieme ai nostri esperti.

Cosa è una comunità energetica rinnovabile?

Probabilmente ti sarà capitato di aver sentito parlare sempre più spesso di Energy Community o di Comunità Energetiche Rinnovabili (C.E.R.). Questi concetti stanno ad indicare dei metodi alternativi di approvvigionamento e di distribuzione dell’energia.

Per la precisione, accanto a comunità energetica, andrebbe aggiunto anche l’aggettivo rinnovabile. In effetti, quando abbiamo spiegato che le comunità energetiche sono anche metodi di approvvigionamento dell’energia, avremo dovuto precisare che gli impianti di produzione dell’energia funzionano tramite le fonti rinnovabili. Fotovoltaico e comunità energetiche quindi sono due aspetti profondamente legati tra di loro visto che l’energia condivisa da una C.E.R. è praticamente prodotta dagli impianti fotovoltaici.

Una C.E.R. (come la nostra Valore Comunity) ha l’obiettivo di gestire la produzione, la distribuzione e il consumo di energia favorendo il più possibile l’autoconsumo collettivo. I membri di una C.E.R. infatti sono coloro che, in uno specifico territorio, ottimizzano la produzione ed il consumo di energie rinnovabili condividendola fra loro e quindi minimizzando gli sprechi. Con gli impianti fotovoltaici di una comunità energetica è quindi possibile produrre energia per tutti i membri della comunità, sia che costoro ne possiedano uno o che non lo possiedano.

Il vantaggio indiscutibile è che il far parte di una C.E.R. implica una certa riduzione dei consumi ovvero dell’energia prelevata dalla rete elettrica nazionale a pagamento. Questo significa quindi che i costi delle bollette elettriche saranno notevolmente ridotti. Ma non solo.

Grazie al fotovoltaico ed alla comunità energetica è possibile abbattere l’inquinamento derivante dalle emissioni di CO2 in atmosfera. L’energia prodotta grazie alla combustione di gas fossili non è infatti necessaria ai membri di una comunità che sfruttano i pannelli fotovoltaici per ottenere l’energia che serve loro.

Come funziona una Comunità Energetica?

Il binomio fotovoltaico e comunità energetica è a tutti gli effetti un nuovo modo di pensare alla produzione ed alla distribuzione energetica che ha un riscontro sia economico che ecologico. Un approccio che è basato sui valori comunitari e quindi sulla condivisione che va in controtendenza rispetto a quelli cui siamo sempre più abituati. Ma, nella pratica, come funziona il binomio fotovoltaico e comunità energetica per le aziende?

Abbiamo deciso di spiegarlo tramite un esempio.

Alcune imprese di un distretto produttivo, magari simile a quello in cui si trova la tua attività, decidono di dotarsi di impianti fotovoltaici e di condividere l’energia che questi impianti producono. Ma anche altre imprese, attività o privati cittadini possono entrare a far parte di questo meccanismo di condivisione senza possedere impianti F.E.R.. Una comunità energetica, una associazione o cooperativa, è infatti composta da soggetti produttori di energia, con gli impianti, e da soggetti consumatori, coloro che non li possiedono.

La novità della comunità energetica sta nel fatto che l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici che ne fanno parte è condivisa con tutti i membri della comunità. Questo significa che ci saranno dei momenti in cui gli impianti producono più energia di quanta i membri della comunità riescono a consumare, e dei momenti in cui accade l’opposto. Nel primo caso, l’energia o sarà immessa in rete, o sarà stoccata in batterie di accumulo; nel secondo invece la comunità preleverà energia dalla rete elettrica nazionale. Tuttavia, proprio in virtù del fatto che in alcuni momenti la comunità immetterà energia e che l’energia che produce e che viene condivisa fra i propri membri, l’energia prelevata godrà di particolari tariffe incentivanti.

Il binomio fotovoltaico e comunità energetica è quindi particolarmente conveniente visto che da un lato permette di abbattere i consumi, dall’altro ti permetterà di avere degli “sconti” su quei pochi consumi che dovrai sostenere.

Fotovoltaico e comunità energetica: tutti i vantaggi

Per esaminare meglio i vantaggi di fotovoltaico e comunità energetica abbiamo deciso di analizzare prima i vantaggi dell’uno e poi dell’altra.

Quello che ci preme sottolineare è che questi due aspetti non sono slegati l’uno dall’altro, anzi, sono profondamente collegati. Alcuni di questi vantaggi ne escono rafforzati, altri invece possono essere cumulati. Si, hai capito bene. Fotovoltaico e comunità energetica sono un binomio vincente perché permettono alla tua attività di usufruire dei vantaggi di entrambi nello stesso momento.

Vantaggi del fotovoltaico per le aziende

Abbiamo riassunto i vantaggi del fotovoltaico aziendale in questo breve elenco:

  • Abbattimento dei consumi energetici e delle bollette. Grazie al fotovoltaico la tua impresa potrà sfruttare l’energia solare per produrre l’energia elettrica necessaria alla tua attività. In sostanza potrai quindi consumare l’energia che produce il tuo impianto senza prelevarla dalla rete elettrica nazionale. In alcuni casi, specie se l’impianto è dotato di una batteria di accumulo, potresti addirittura ottenere l’indipendenza energetica e quindi consumare tutta l’energia che produce il tuo impianto. Diminuendo i consumi, diminuirà anche il costo delle tue bollette;
  • Riduzione delle emissioni di CO2. Essere in grado di sfruttare l’energia solare per produrre energia elettrica significa ridurre il consumo di quest’ultima che come ben sappiamo viene troppo spesso prodotta da fonti non rinnovabili. Ciò comporterebbe quindi una diminuzione della quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera ed altri gas inquinanti che si formano durante il processo di combustione.
  • Ritorno d’immagine. Le persone cui si rivolgono i servizi o i prodotti delle tua attività percepiscono come importanti altri aspetti rispetto al passato. Oggi c’è molta più attenzione verso la sostenibilità e quindi anche a come questi prodotti o servizi impattano sull’ambiente che circonda la tua attività. Usare energia solare ti permetterà di proporre la tua impresa come una ditta attenta alle tematiche dell’ambiente e della salute ma anche della qualità della vita, interessata alle tematiche ambientali e di sostenibilità.
  • Usufruire degli incentivi fiscali. Decidere di effettuare un investimento in questo senso ti permettere di sfruttare gli incentivi per il fotovoltaico per le imprese (puoi approfondire l’argomento qui). Questi sono sostanzialmente delle detrazioni o dei crediti d’imposta che lo stato elargisce per abbattere il costo degli investimenti in efficienza energetica che gli imprenditori si apprestano a sostenere.

Fotovoltaico e comunità energetica: tutti i vantaggi

I concetti di fotovoltaico e comunità energetica sono quindi imprescindibili l’uno dall’altro. Questo significa sostanzialmente che un impresa che fa parte di una comunità energetica può anche usufruire dei vantaggi che gli impianti fotovoltaici apportano alla comunità. Se invece decidesse di dotarsi di un suo impianto, questi vantaggi, ne risulterebbero addirittura rafforzati.

Entrare a far parte di una comunità energetica potrebbe anche far ottenere questi vantaggi alla tua impresa:

  • Accesso alle tariffe incentivanti per il consumo di energia. Far parte di una comunità energetica non significa essere totalmente indipendenti dalla rete elettrica nazionale anche se di certo ti porterà a consumare meno energia. Questo significa, come spiegavamo poco fa, che potresti comunque consumare della corrente della rete elettrica nazionale. In caso tu non riesca a soddisfare i tuoi consumi solo tramite l’autoconsumo, potrai godere delle tariffe incentivanti per abbattere il costo dell’energia che la tua azienda preleverà dalla rete elettrica nazionale generando un ulteriore risparmio (approfondisci l’argomento qui).
  • Accedere agli incentivi per l’installazione del fotovoltaico. Far parte di una comunità energetica infatti non preclude l’accesso agli incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici aziendali. In sostanza potresti usufruire di un doppio vantaggio economico che ti permetterà di risparmiare ancora di più!

Se vuoi avere un quadro preciso e completo dei costi di installazione per un eventuale fotovoltaico per aziende e di come far parte di una comunità energetica compila il pratico form qui di seguito con i tuoi dati. Un nostro operatore ti contatterà nel più breve tempo possibile con tutte le informazioni che desideri!

Gruppi di autoconsumo collettivo: cosa sono e come funzionano

Alla scoperta dei gruppi di autoconsumo collettivo. Cosa sono e come funzionano?

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I gruppi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche rinnovabili sono al centro delle nuove configurazioni che stanno trasformando il sistema elettrico nazionale. Entrambe le configurazioni dovrebbero servire a renderlo più sostenibile, meno costoso e indipendente dalla situazione geopolitica internazionale.

Se infatti l’Europa ma anche l’Italia guardano con interesse a queste nuove configurazioni è anche perché il contesto ci impone di trovare nuove fonti di energia per metterci al riparo dai continui rincari. Con le comunità energetiche in effetti si andrebbe anche a stimolare l’installazione degli impianti fotovoltaici su edifici residenziali o produttivi. Una cosa non da poco che sicuramente potrebbe aumentare l’indipendenza energetica da paesi come la Russia, decisamente poco affidabili da un punto di vista di fornitura dell’energia e del gas.

Le normative ed i regolamenti attuativi di gruppi di autoconsumo collettivo pubblicati fino a questo momento sono infatti tesi a “favorire la transizione energetica del sistema elettrico italiano, con benefici ambientali, economici e sociali”.

Ma cosa si intende per gruppi di autoconsumo collettivo e comunità energetiche di preciso? Qual’è la loro differenza?

Abbiamo cercato di rispondere a questa domanda in maniera approfondita qui di seguito.

Cos’è l’autoconsumo collettivo

Con il termine gruppi di autoconsumo collettivo ci si riferisce alla possibilità di produrre energia elettrica da fonti di energia rinnovabile per consumarla secondo le proprie necessità. Il tutto però viene svolto, non come singolo, ma come insieme o gruppo di entità differenti.  Pertanto, un gruppo di autoconsumo collettivo può essere composto anche da:

  • condòmini che abitano all’interno dello stesso condominio,
  • aziende e/o soggetti che condividono uno stesso edificio,
  • enti pubblici,
  • persone fisiche.

La Direttiva UE 2018/2001 stabilisce che:

“autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente sono un gruppo di almeno due autoconsumatori che si trovano nello stesso edificio o condominio che intendono produrre energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e accumulare o vendere energia elettrica rinnovabile autoprodotta in rete, purché tali attività non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale”.

La configurazione di autoconsumo collettivo quindi permette al consumatore di diventare “prosumer“, un termine inglese che deriva dalla fusione di “producer” e “consumer”. In sostanza un prosumer è un produttore e consumatore di energia allo stesso tempo. Pertanto è ovvio come la configurazione dei gruppi di autoconsumo collettivo produce una serie di vantaggi economici, ambientali ed energetici.

Come funziona il gruppo di autoconsumo collettivo?

Ad individuare le modalità di incentivazione dei gruppi di autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche è il Decreto MISE del 15 settembre 2020, che ha fatto seguito al Decreto Milleproroghe e alla delibera ARERA n. 318/2020/R/eel del 4 agosto 2020. Il decreto stabilisce ed individua agevolazioni ed incentivi volti a spingere l’acceleratore sulla costituzione di queste configurazioni che si basano sull’energia rinnovabile.

Per i gruppi di autoconsumo collettivo, la tariffa stabilita è pari a 100 €/MWh. Tale incentivo viene riconosciuto per un periodo di 20 anni ed è gestito direttamente dal GSE. Inoltre, è cumulabile con l’ecobonus 110 rispetto alla creazione di impianti fotovoltaici oltre agli econobonus ordinari.

E’ necessario però fare anche altre due ulteriori precisazioni:

  • possono far parte di un gruppo di autoconsumo collettivo tutti i possessori di impianti fotovoltaici installati dopo dicembre 2021.
  • l’impianto di autoconsumo deve essere collegato alla rete elettrica e non deve superare una produzione di 200 kW.

Dobbiamo anche considerare il fatto che gli incentivi puntano a supportare l’autoconsumo anche attraverso sistemi di accumulo (o energy storage) che si differenziano dal meccanismo dello scambio sul posto di cui abbiamo parlato qui. Gli storage o batterie di accumulo in effetti permettono di immagazzinare l’energia in accumulo per poi utilizzarla quando serve.

Per supportare cittadini e imprese nella valutazione e scelta rispetto all’adozione di un impianto fotovoltaico per autoconsumo collettivo o per una comunità energetica, lo stesso GSE ha creato un portale dedicato. In particolare, il sito permette agli interessati di analizzare e prevedere i possibili vantaggi dell’investimento sia in termini di risparmi energetici ed economici in bolletta, sia di riduzione dell’impatto ambientale. Inoltre, sempre tramite il portale, è possibile calcolare gli incentivi cui si avrebbe accesso.

Come funziona il sistema?

La legge che regola i gruppi di autoconsumo collettivo specifica che, i soggetti che fanno parte del gruppo, condividono l’energia prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente.

In sostanza quindi ogni utente disporrà di un proprio contatore che misurerà l’energia consumata. Ma non solo. Ogni membro del gruppo dovrà anche avere un secondo contatore che misurerà l’energia che il suo impianto immetterà in rete.

L’energia per l’autoconsumo che sarà condivisa è definita così:

“il minimo tra la somma dell’energia elettrica immessa e quella prelevata dalla rete”.

Tutta l’energia prodotta dagli impianti del gruppo di autoconsumo collettivo che non sarà auto-consumata in loco, verrà quindi riversata nella rete pubblica prima di essere prelevata dagli utenti.

Gruppi di autoconsumo collettivo e comunità energetiche: le differenze

I gruppi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche, per quanto si basino su obiettivi comuni, sono due cose diverse. Entrambi sono volti ad una gestione più efficiente della produzione ed utilizzo di energie rinnovabili ma presentano differenze sostanziali.

La differenza principale tra i gruppi e le comunità energetiche riguarda la loro costituzione.

  • I gruppi di autoconsumo collettivo si costituiscono quando c’è un singolo edificio con una molteplicità di utenze. Ad esempio possono sfruttare questa configurazione i condomini oppure i centri commerciali.
  • Le comunità energetiche rinnovabili invece sono costituite da un gruppo di privati, enti, Pmi o persone fisiche che possono essere dislocate nel territorio. Costoro si associano in forma giuridica con l’esplicito fine di produrre e condividere energia.

Gli obiettivi delle due configurazioni, pur se diverse nella forma, sono però i medesimi. Possiamo riassumerli in questa lista:

  • Aumentare i livelli di risparmio ed efficienza energetica;
  • Favorire i processi di transizione energetica e de-carbonizzazione;
  • Promuovere l’uso delle fonti rinnovabili;
  • Ridurre l’impatto ambientale complessivo;
  • Raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica al 2050.

Questi modelli, unitamente ai sistemi di incentivazione ad essi collegati, stanno inoltre spingendo la collettività a effettuare delle scelte in modo consapevole e condiviso e a portare un cambiamento culturale e sociale.

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I vantaggi di un impianto fotovoltaico condominiale che fa parte di una Comunità Energetica

L’impianto fotovoltaico condominiale che fa parte di una comunità energetica può essere utilizzato anche per i consumi privati delle singole unità immobiliari?

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Se vivi in un condominio, probabilmente a te, al tuo amministratore, o qualche altro tuo vicino, sarà venuto in mente di installare un impianto fotovoltaico condominiale. Del resto, visto che il prezzo dell’energia continua a salire vertiginosamente questa soluzione potrebbe essere fondamentale per ridurre i consumi condominiali.

Ma l’impianto fotovoltaico condominiale quali utenze può servire? Quelle comuni come quelle di luce, ascensore ecc.? Oppure anche quelle dei singoli condomini?

La risposta a questa domanda non è una risposta da poco visto che i consumi potrebbero cambiare e non di poco. In realtà non c’è nulla di preoccuparsi visto che la normativa italiana regola entrambi i casi. L’impianto fotovoltaico condominiale infatti può essere al servizio sia delle utenze comuni del condominio che di quelle private. In particolare, ciò è possibile dopo l’approvazione del Decreto Legge n. 162 del 30/09/2019, cd. “Decreto Milleproroghe”. Tale decreto contiene infatti la disciplina per le “Comunità Energetiche Rinnovabili” costituite in forma di enti non commerciali o di condomini che aderiscono alle configurazioni.

Il Decreto in effetti introduce l‘importantissimo concetto di auto-consumo di energia (di cui parliamo qui). Ciò si riferisce alla possibilità, per il possessore dell’impianto (persona fisica o condominio che sia) di consumare l’energia che l’impianto fotovoltaico produce. Così facendo, sarebbe possibile evitare di consumare l’energia distribuita tramite la rete nazionale e quindi risparmiare notevolmente in bolletta.

Tuttavia, il principio di autoconsumo unito alla possibilità di realizzare una comunità energetica significa anche altro. Se la C.E.R. è una moltitudine di soggetti che si associa dotandosi di impianti di produzione dell’energia da fonti rinnovabili con lo scopo di consumarla e condividerla fra loro, allora questa definizione può essere applicata anche ai condomini che vivono all’interno di un condominio.

La risposta alla domanda “I condòmini possono utilizzare l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico condominiale per le loro utenze private?è quindi si.

Tuttavia ciò non è scontato e semplice come si possa pensare. Abbiamo deciso di chiarire la situazione una volta per tutte qui di seguito insieme ai nostri esperti.

Comunità Energetiche Rinnovabili e autoconsumo

Un impianto fotovoltaico condominiale, prima dell’entrata in vigore del Decreto Milleproroghe, non avrebbe potuto fornire energia contemporaneamente alle utenze private. Un impianto fotovoltaico condominiale avrebbe potuto però abbattere i consumi di tutti quei dispositivi elettrici comuni al condominio come ascensore, luci, luci esterne ecc…

Tuttavia, dopo l’attuazione degli articoli 21 e 22 della direttiva (UE) 2018/2001 dell’11/12/2018 la situazione è cambiata profondamente. Adesso è infatti possibile attivare le configurazioni di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili attraverso le Comunità Energetiche Rinnovabili. Per un contesto composto da più unità immobiliari, adesso è possibile utilizzare l’impianto solare fotovoltaico condominiale per alimentare le utenze comuni del condominio e quelle private.

Ma non solo, un condominio può anche usufruire di altri vantaggi economici. Il fatto di costituire una comunità energetica infatti non esclude la fruizione della detrazione fiscale del superbonus 110% oppure degli incentivi al 50% per gli impianti fotovoltaici. Installare un impianto fotovoltaico condominiale in concomitanza con uno degli interventi trainanti, potrebbe quindi far usufruire delle maxi detrazione del 110% il condominio.

I requisiti per installare un impianto fotovoltaico condominiale e costituire una C.E.R.

Gli utenti che fanno parte di una comunità energetica, in questo caso quindi anche i singoli condòmini, sono a tutti gli effetti degli autoconsumatori di energia rinnovabile. Ovviamente non basta installare un impianto fotovoltaico condominiale per istituire una C.E.R. ma è necessario rispettare alcuni requisiti. Possono far parte di una C.E.R.:

  • I soggetti non appartenenti allo stesso nucleo familiare possono associarsi esclusivamente se producono energia attraverso fonti rinnovabili con impianto di potenza complessiva non superiore a 200 kW. Tali soggetti devono inoltre condividere la stessa energia mediante la rete di distribuzione esistente. La condivisione può avvenire a condizione che l’energia sia pari al minimo in ciascuna fascia oraria tra quella prodotta e quella immessa in rete dall’impianto e l’energia prelevata dal totale dei clienti finali associati;
  • Gli azionisti ed i membri della comunità energetica devono essere persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali, autorità locali, amministrazioni comunali.
  • La partecipazione ad una comunità energetica non può assolutamente configurarsi nell’attività commerciale o professionale principale del soggetto che ne fa parte. Lo scopo delle C.E.R. è infatti quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi membri, non profitti finanziari.

I soggetti che possono aderire alle Comunità Energetiche Rinnovabili

I soggetti che possono aderire alla C.E.R. sono coloro i quali sono ubicati su reti elettriche di bassa tensione sottese alla stessa cabina di trasformazione media tensione – bassa tensione che vivono nello stesso edificio. Ovviamente farà fede la data di costituzione dell’associazione in quanto tali soggetti devono essere presenti nella cabina prima della costituzione della C.E.R..

L’installazione di un impianto fotovoltaico (condominiale o non) quindi consente al singolo proprietario di:

  • condividere l’energia prodotta dall’impianto (condominiale o non);
  • installare più di un impianto che permetta ad ogni componente della comunità di effettuare la condivisione in rete.

Il Decreto Rilancio inoltre prevede che l’energia non auto-consumata o non condivisa per l’autoconsumo si ceda al Gestore del Servizio Elettrico Nazionale (GSE). Ne consegue che, anche nel caso delle Comunità Energetiche Rinnovabili, la stessa energia, non condivisa o non auto-consumata non si cumuli con altri incentivi pubblici, agevolazioni, fondi di garanzia e di rotazione o incentivi per lo scambio sul posto.

Condomini e Comunità Energetiche Rinnovabili

Nei condomini, sia fiscalmente costituiti che non, creare una Comunità Energetica consente di formare la rete al cui interno viene scambiata l’energia a favore degli auto-consumatori. In particolare, questi auto-consumatori, vengono definiti come “prosumer”, un termine che deriva dall’inglese e che fonde i termini “producer” e “consumer“.

Gli edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate appartenenti ad un unico soggetto vengono assimilati ai condomini. Un’assimilazione questa che trova riscontro anche nella casistica in cui sia il proprietario del fabbricato a formare la C.E.R.. L’importante è che i punti di connessione del gruppo di auto-consumatori risultino ubicati all’interno dello stesso immobile.

L’art.42- bis del Decreto Milleproroghe inoltre stabilisce che i rapporti i tra i soggetti componenti le Comunità Energetiche Rinnovabili , debbano essere regolati da un contratto di diritto privato. E’ tramite questo contratto che la C.E.R. individua un delegato o un individuo responsabile della suddivisione dell’energia condivisa. Nella casistica degli edifici plurifamiliari aderenti alla C.E.R., tale delegato potrà essere:

  • il condominio che agisce attraverso la figura dell’Amministratore Condominiale,
  • un rappresentante opportunamente nominato se non ricorre obbligo alla nomina del primo;
  • nel caso di persone giuridiche sarà il legale rappresentante.

Impianto fotovoltaico condominiale: utilizzi comuni e privati

L’impianto fotovoltaico condominiale può essere finalizzato agli utilizzi comuni e privati contemporaneamente solo nel caso in cui vengano costituite le C.E.R. In assenza delle C.E.R. per alimentare le utenze comuni e quelle private di un condominio si dovrà ricorrere a differenti impianti. Il condominio dovrebbe quindi installrei un fotovoltaico condominiale centralizzato per gli utilizzi sulle parti comuni ed i relativi singoli impianti legati alle singole utenze.

Ovviamente, in questa seconda casistica si dovrà considerare anche la disponibilità di:

  • eventuali spazi disponibili per la collocazione dei pannelli;
  • eventuale necessità di utilizzare le parti comuni del fabbricato in mancanza dell’area occorrente nella singola unità immobiliare. Va infatti tenuto conto che i pannelli del fotovoltaico, quale componente principale dell’impianto, hanno una dimensione di circa un metro per due, ed occorrono almeno dieci componenti anche per una potenza da 3 kw.

Ulteriori precisazioni su impianto fotovoltaico condominiale

Per essere ulteriormente chiari in merito all’impianto fotovoltaico condominiale ed alla comunità energetica abbiamo deciso di riportare qui di seguito alcune precisazioni che possono chiarire alcuni aspetti fondamentali. Il condominio infatti può decidere di installare anche altri dispositivi per il suo efficientamento energetico. Questi a sua volta possono essere alimentati dall’impianto fotovoltaico condominiale come ad esempio le pompe di calore.

Un edificio formato da più unità immobiliari nel quale sia installata una pompa di calore centralizzata comune a tutte le unità potrà avere anche un impianto fotovoltaico condominiale centralizzato. Tuttavia ciò è possibile solo nel caso si costituisca la Comunità Energetica Rinnovabile. In questo caso, l’energia prodotta dall’impianto potrebbe alimentare sia la pompa di calore che le utenze condominiali comuni come ascensore, illuminazione esterna ecc.

Tuttavia, l’impianto fotovoltaico condominiale potrebbe produrre più energia di quella consumata dalle utenze comuni del condominio. In questo caso, sempre e solamente previa costituzione delle C.E.R. sarebbe possibile utilizzare tale energia in eccesso per i consumi interni delle singole unità immobiliari. Pertanto i singoli condomini potrebbero ottenere anche un significativo beneficio in bolletta oltre ad ottenere i preziosi incentivi per la loro installazione!

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Comunità energetiche: affrontiamo tutti i problemi

Comunità energetiche: problemi e chiarezza a riguardo

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Hai mai sentito parlare di Comunità Energetiche Rinnovabili?

La maggior parte degli italiani, a questa domanda, probabilmente risponderebbe no. Un’altra parte, non proprio esigua risponderebbe che si, ne ha sentito parlare, ma solo una piccola parte saprebbe di cosa stiamo parlando. L’argomento Comunità Energetica sta iniziando a diventare di dominio pubblico solo adesso, tuttavia, come spesso accade in questi casi, è circondato da un’ampia disinformazione che ne impedisce una diffusione a macchia d’olio.

Le comunità energetiche rappresentano un modo innovativo di condividere l’energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili e quindi a 0 emissioni. L’innovazione sta nella possibilità di condividere l’energia che questi impianti producono fra più persone, i membri della comunità. In questo modo, chi ne fa parte, avrebbe dei vantaggi economici non indifferenti

Tuttavia le comunità energetiche hanno ancora diversi problemi: la normativa non è ancora completa e ci sono ancora dei nodi da sciogliere. Per questo è necessario fare chiarezza in merito in particolare sul loro funzionamento e la loro costituzione.

Cosa sono le comunità energetiche?

Prima di affrontare i problemi delle C.E.R. è forse necessario fare un passo indietro e spiegare in maniera semplice in cosa consistono.

Come abbiamo anticipato, le CER (Comunità Energetiche Rinnovabili), sono un insieme di cittadini che decidono, associandosi fra loro, di condividere tra di loro l’energia prodotta dai loro impianti a fonti rinnovabili. 

Proviamo adesso a spiegarlo con parole più semplici.

Se Mario ha un impianto fotovoltaico, durante il giorno potrà sfruttare l’energia che questi pannelli producono, ovvero auto-consumare questa energia. Tuttavia, probabilmente non riuscirà a consumarla interamente, pertanto una parte di essa verrà immessa nella rete elettrica nazionale.

Giulia è la vicina di casa di Mario ed entra a far parte della C.E.R.. Ciò le permetterà di consumare l’energia che Francesco non usa durante il giorno. Pertanto la C.E.R. genererà un incentivo economico. In particolare, Giulia sarà una consumatrice (consumer) ed avrà diritto ad un incentivo economico erogato dal GSE per l’energia consumata dal GSE che ammonta a circa 0,10 €/kWh . Mario invece, che oltre a consumare energia la produce anche, ovvero è un prosumer, avrà diritto ad un incentivo maggiore rispetto a Giulia che ammonta a circa 0,16 €/kWh.

A cosa servono le C.E.R.?

Il modello innovativo della condivisione di energia prodotta da fonti rinnovabili rappresenta una mossa economica dell’Unione Europea dai plurimi scopi. Ciò lo si deduce anche dal fatto che il modello è aperto a privati, aziende ed enti pubblici. Una volta che i problemi delle Comunità Energetiche saranno risolti, esse potranno:

  • agevolare la transizione energetica
  • ridurre i costi di fornitura dell’energia e i consumi promuovendo l’efficienza energetica
  • combattere la vulnerabilità e la povertà energetica
  • promuovere l’accettazione pubblica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili
  • decentralizzare il sistema elettrico (non più grosse centrali che producono elettricità ma tante piccole fonti di produzione).

Ma allora perché in Italia oggi ci sono solo 32 C.E.R. in funzione? Quali sono i problemi delle C.E.R. che ne impediscono la diffusione?

Comunità energetiche: problemi

I problemi più noti delle C.E.R. sono quelli che di solito accompagnano ogni nuova proposta sul mercato: lentezza evolutiva tipica dei nuovi mercati, eccessivi cavilli burocratici o mancanza di una normativa precisa e disinformazione. Peccato perché le CER, potrebbero risolvere problemi economici, ambientali e sociali in un colpo solo. Ma perché c’è questa situazione?

La risposta è molto complessa visto che le cause sono diverse. Abbiamo quindi deciso di analizzare i problemi delle comunità energetiche raggruppandoli in tematiche qui di seguito.

Come si costituisce una Comunità Energetica Rinnovabile?

Uno dei problemi principali delle C.E.R. è il nodo focale su cui si basa tutta la normativa e il meccanismo di incentivazione ovvero la costituzione delle CER. I problemi delle comunità energetiche quindi nascono fin dal principio, dalla loro costituzione.

I passaggi da seguire sono grosso modo questi:

  • trovare i punti di connessione elettrica che determinano i limiti spaziali di una CER concessi da legge
  • inserire i dati sui vari portali autorizzati
  • creare e organizzare l’associazione tra i vari partecipanti.

Costituire una comunità energetica quindi sembrerebbe abbastanza facile. In realtà però non è così, come ci accingiamo a spiegare qui di seguito.

Appartenenza alla stessa cabina

La CER può essere costituita da partecipanti, di qualsiasi provenienza, privati cittadini, piccole e medie imprese, enti pubblici. Costoro però devono essere connessi alla stessa cabina di trasformazione secondaria. Precisiamo però che la nuova legge che sposterà questo vincolo alla cabina primaria.

Per adesso quindi, il fatto che gli utenti debbano essere all’interno della stessa cabina secondaria significa che, in una strada di 500 metri potrebbero essere create almeno 3 comunità energetiche. Il discorso, qualora fosse approvata la legge che ammette alla C.E.R. i soggetti di una cabina primaria, cambierebbe enormemente. In una città come Firenze, ci potrebbero essere anche solo 4 o 5 comunità energetiche a coprire tutte le utenze. E quindi il discorso potrebbe essere più snello.

Problemi comunità energetiche: la creazione

Passiamo adesso ad esaminare un altro problema delle Comunità Energetiche che riguarda la loro creazione.

Affinché si possa crearne una è necessario che siano presenti almeno 1 prosumer ed 1 un consumer. Non esiste un limite massimo, ma è ovvio che per una resa ottimale ci dovrà essere un giusto rapporto tra prosumer e consumer per bilanciarla adeguatamente. Nonostante la CER possa includere fonti di energia rinnovabile di ogni specie (idroelettrica, eolica, biomasse, etc.), è evidente che per motivi di praticità installare i pannelli fotovoltaici è la via più breve per farne parte.

Per essere un prosumer, però è necessario aver installato un o impianto ad energia rinnovabile dopo dicembre 2021. Uno dei problemi delle comunità energetiche è quindi è che la maggior parte degli impianti fotovoltaici installati oggi in italia non potrebbero farne parte.

Indipendenza dei membri di una C.E.R.

Proviamo ad immaginare una comunità energetica come un insieme di punti. Ogni punto, è un membro di una comunità energetica ed è indipendente dagli altri pertanto continua ad avere il suo contratto di fornitura elettrica con il rivenditore che preferisce. Nel momento in cui i membri produttori della CER immettono in rete la propria energia in eccesso, tutti questi punti si collegano virtualmente per consumare tale energia.

La comunità energetica quindi non funziona come un acquirente unico né vincola i propri partecipanti a contratti energetici. Una volta trovati i partecipanti alla Comunità, dopo esservi assicurati che rispettino i requisiti per poter essere ammessi, è il momento di passare alla burocrazia.

Comunità energetiche: problemi legati alle forme legali

Il processo burocratico per la creazione di una comunità energetica potrebbe sembrare semplice: basta registrare sul portale del GSE i membri, gli impianti e la forma giuridica della comunità. In realtà non è così: in quest’ultimo passaggio che si celano ulteriori problemi delle Comunità Energetiche.

Secondo la normativa vigente, una comunità energetica deve essere un soggetto giuridico di diritto autonomo. In altre parole, per dare vita ad una C.E.R. è necessario percorrere una di queste due strade:

  • costituire una cooperativa;
  • dare vita ad un’associazione non riconosciuta.

I problemi delle comunità energetiche riguardano soprattutto la prima casistica. Costituire una cooperativa è infatti la strada più complessa oltre che più costosa. In questo caso è necessario stipulare uno statuto, trovare un referente unico per tutta la comunità e infine registrarlo davanti a un notaio. Percorrere la strada della cooperativa è sicuramente la soluzione più consona a una CER industriale, perché ne tutela maggiormente i partecipanti.

Tuttavia, nel caso di CER residenziali, la cooperativa ha dei costi elevati da sostenere che potrebbero spaventarne i partecipanti. Per questo la forma dell’associazione non riconosciuta sta prendendo piede velocemente in modo anche da rendere il processo accessibile ai cittadini privati. A fronte di una maggior semplicità nella sua attuazione, c’è però anche una maggior fragilità strutturale. La cooperativa infatti rappresenta una sicurezza legale che esula da responsabilità penali qualora emergessero contenziosi o problemi agli impianti di produzione.

Comunità energetiche: problemi sulla redistribuzione degli incentivi

Trovata la forma legale migliore per la comunità è il momento di analizzare i problemi della comunità energetica legati alla gestione della redistribuzione dei flussi di energia. La gestione di questi flussi, indicata all’interno dello statuto, sostanzialmente consiste nel ricevere dal GSE l’incentivo e redistribuirlo equamente tra i partecipanti.

La redistribuzione dell’incentivo tra i partecipanti alla comunità è però un tema particolarmente spinoso che affronteremo in un altro approfondimento. Per il momento ti basti sapere che, grazie alle smart grid, è possibile registrare e gestire i flussi in tempo reale ed in maniera automatica.

Normativa incompleta

Ad aggiungersi ai numerosi problemi riguardanti le comunità energetiche rinnovabili c’è anche una certa incompletezza normativa. L’approvazione del decreto FER che recepisce le normative UE in materia di comunità energetiche aveva demandato ai futuri decreti attuativi la loro implementazione.

Tali decreti attuativi per le Comunità Energetiche erano attesi per il mese di marzo nel 2022, tuttavia oggi siamo praticamente ad ottobre ed ancora non ci sono notizie in merito. Purtroppo, aggiungiamo noi, con le recenti elezioni dovute caduta del governo Draghi sarà difficile che vengano approvati prima della fine dell’anno.

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REC o Comunità energetiche rinnovabili: il futuro della green sharing economy è qui

Le REC sono il futuro della green sharing economy in quanto applicano i principi dell’ economia della condivisione allo scambio di energia rinnovabile fra i membri di una comunità

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Le REC o comunità energetiche rinnovabili si basano sul principio dell’autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili. L’energia auto-consumata è però condivisa fra i membri della comunità. In sostanza quindi, le REC riescono ad applicare i principi della sharing economy allo scambio di energia creando quella che è una vera e propria green sharing economy. Applicando questi principi le comunità riescono a produrre valore per il sistema ed a contribuire a ridurre la povertà energetica.

Le REC possono quindi essere considerate anche come uno strumento di welfare strutturale che consente ai cittadini (o i clienti finali), a PMI ed enti locali di associarsi fra loro. Scopo dell’associazione è la produzione in maniera libera e volontaria di energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili necessaria al proprio fabbisogno, vendendo eventualmente l’eccedenza in rete.

Ma cosa sono di preciso le comunità energetiche rinnovabili?

Abbiamo cercato di fare il punto delle situazione sulle REC qui di seguito.

Come nasce una REC?

Contrariamente a quanto si possa credere, il concetto di REC non è un concetto recente. Questo concetto si è infatti diffuso negli anni ’70 grazie ai primi progetti pilota. In particolare oggi, questi progetti, sono diventati delle solide realtà diffuse soprattutto nell’Europa Settentrionale.

In Germania si contano circa1.750 Comunità Energetiche, in Danimarca 700, nei Paesi bassi 500. In Italia invece siamo più indietro, sulla base dell’attuale definizione di REC, possiamo contarne circa 20. Per una volta però non siamo gli ultimi arrivati a livello europeo. vi sono paesi come Belgio, Spagna e Polonia che ne hanno ancora di meno.

Come funziona una REC?

Una REC può definirsi tale quando almeno uno dei membri della comunità possiede un impianto in grado di produrre energia da fonti rinnovabili ovvero un impianto fotovoltaico. Per questo motivo, gli impianti FER devono essere collocati in prossimità dei consumatori come ad esempio un impianto fotovoltaico sul tetto di un’azienda.

Il prelievo dell’energia prodotta dall’impianto può essere diretto o virtuale sfruttando le smart grid. Queste sono di fatto delle strutture intelligenti che collegano tutti i soggetti che fanno parte di una REC e che gestiscono i flussi di energia. In questo modo, le smart grid, sono in grado di ottimizzare ogni fase di scambio in tempo reale, oltre che a registrarne l’entità per i fini della fatturazione. Inoltre permettono al flusso di energia di essere multidirezionale. In sostanza, grazie alle smart grid è possibile, di volta in volta, prelevare l’energia prodotta in eccesso da un impianto e distribuirla ad un utenza nel caso ne avesse bisogno in maniera automatica.

Per fare in modo che le informazioni su autoconsumo e prelievo di energia siano condivise ed utilizzabili ai fini del bilancio energetico, è necessario installare anche una energy box. In questo modo ogni utente pagherà, l’energia della comunità energetica che effettivamente consuma. Al tempo stesso però i soci della comunità ricevono la quota spettante dei benefici economici ottenuti dalla comunità. In sostanza questi benefici economici si traducono in una riduzione della bolletta. Per approfondire l’argomento puoi leggere questo articolo sulle tariffe incentivanti.

I benefici delle REC

I benefici dell’utilizzo di questo strumento sono molteplici. Abbiamo cercato di riassumerli qui di seguito dividendoli in diverse categorie.

Benefici ambientali

Le REC giocano un ruolo strategico nel raggiungimento degli ambiziosi target nazionali in materia di riduzione delle emissioni di CO2. Le Comunità Energetiche infatti giocano un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli ambiziosi target nazionali previsti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC). In questo piano infatti si stima che entro il 2030 le REC dovrebbero contribuire per almeno il 30% alla potenza rinnovabile che dovrebbe ammontare a oltre 17 GW.

In questo modo dovrebbero essere ridotti sensibilmente i consumi da fonti fossili visto il minor costo dell’energia green autoprodotta. Ciò dovrebbe favorire il processo di de-carbonizzazione nel settore termico e dei trasporti riducendo quindi le emissioni. A titolo esemplificativo riportiamo che sostituire tutte le fonti fossili con quelli rinnovabili in casa propria comporterebbe una riduzione delle emissioni di 950 kg/anno, considerando un consumo medio di 2,7 MWh annuali.

Vantaggi economici

Le REC si basano sulla condivisione dell’energia e la distribuzione di questa energia fra i membri della comunità. In questo modo si produrrebbe un valore economico che verrebbe suddiviso fra i membri della comunità. Un po’ il contrario di quanto sta avvenendo in questo momento con i meccanismi di sussidio contro il caro bolletta.

I membri di una comunità energetica avrebbero infatti un triplo vantaggio economico:

  • risparmiare sulle bollette;
  • guadagnare sull’energia prodotta in eccesso, dividendo i ricavi da vendita;
  • beneficiare di un recupero fiscale del 50% dei costi di costruzione di fotovoltaico.
  • per le imprese invece la realizzazione di un impianto FV permetterà di sfruttare un credito d’imposta maggiorato al 6%.

Vantaggi sociali e culturali

I vantaggi delle REC sono anche sociali e culturali. L’autoconsumo infatti bilancia le reti di distribuzione dell’energia oggi fortemente sbilanciate a favore dei produttori di energia. Se oggi l’architettura delle reti è “one to many”, domani sarà “many to many” proprio grazie alle REC. Ciò significa che si andrà incontro ad una decentralizzazione delle reti cambiandone completamente la gestione.

Un altro effetto è quello dell’incremento della competitività delle imprese locali sul mercato in quanto meno gravate dai costi energetici. Ciò potrebbe creare un circolo virtuoso che può incentivare più investimenti sul territorio.

Fra i benefici culturali delle REC invece vi è il fatto che rendono partecipi del processo di produttività i i piccoli consumatori privati, le istituzioni e le PMI. A tutti gli effetti ciò significa anche rendere partecipi questi soggetti agli obiettivi di sostenibilità energetica sottoscritti nelle sedi internazionali. Ciò potrebbe portare ad un’economia partecipativa oltre che circolare aumentando la sensibilità dei cittadini rispetto alle tematiche energetiche.

La leva del PNRR per la diffusione delle REC in Italia

I recenti aggiornamenti normativi e i fondi allocati dal PNRR per la diffusione delle REC (pari a circa 1,6 miliardi di euro) possono essere una leva non indifferente per le comunità energetiche.

L’Italia, da un punto di vista normativo, ha già recepito l’aggiornamento della Direttiva europea sull’energia rinnovabile (RED II) del 2018. E’ stata tale direttiva a normare alcuni modelli economici come quelli delle comunità energetiche rinnovabili. Inoltre, il Decreto Milleproroghe ha disciplinato la tariffa di remunerazione definendo diversi incentivi. È stato ampliato inoltre, il raggio di applicazione sia in termini di area all’interno di cui è possibile formare una comunità energetica, che di potenza per impianto.

Questi cambiamenti rendono gli incentivi per le REC davvero potenti e possono costituire un grande motore di accelerazione sia per una crescente elettrificazione che per la de-carbonizzazione.

Inoltre, un punto da non sottovalutare, è che le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano una grande opportunità per sostenere la crescita delle PMI italiane. Una riduzione dei costi energetici delle imprese potrebbe rilanciare il tessuto industriale locale. Ma non solo. Con le CER è possibile riutilizzare i terreni dismessi. Infine, implementando le Comunità Energetiche in maniera decisa è possibile generare posti di lavoro in tutte le fasi dallo sviluppo dei nuovi impianti alla loro manutenzione. In questo modo si potrebbe contribuire a creare nuovi profili green di occupazione.

Previsioni e conclusioni sulle REC

La crescita proiettata nei prossimi anni delle REC è esponenziale. Se per il 2025 sono previsti infatti 3 GW di potenza rinnovabile da REC, nel 2030 saranno  7 GW nel 2030. Ciò potrebbe generare ricadute economiche sulle imprese italiane attive lungo la filiera delle rinnovabili e sulle comunità per circa 4 miliardi di euro.

Nessun dubbio quindi, la direzione delle REC è quella giusta. 

Ciò a prescindere dei nodi ancora da sciogliere. Fra questi infatti vi sono ancora delle questioni tecniche e degli schemi regolatori da affinare. Inoltre mancano ancora i decreti attuativi che possono dare il via alla diffusione, una volta per tutte, delle REC.

L’idea di una rivoluzione rinnovabile che coinvolge la comunità nel costruire un futuro più sostenibile è senza dubbio la soluzione migliore per poter salvaguardare il nostro pianeta e insieme rilanciare il territorio. In questo modo si potrà anche generare sempre più consapevolezza tra le nuove generazioni rispetto alle modalità di condivisione di energia pulita.

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