La normativa sulle comunità energetiche in Italia
Tutto sulla normativa che regola le comunità energetica in Italia
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L’innovazione del settore dell’energia passa per le comunità energetiche rinnovabili (di cui parliamo qui) o, in inglese, energy comunity. Rappresentano infatti a nostro avviso una fisiologica evoluzione del sistema di distribuzione dell’energia oltre che della sua produzione. Specie in un paese come quello dell’Italia che si è dimostrato proattivo nello sviluppo energetico.
Le comunità energetiche infatti possono essere, in campo energetico, considerate come un cambio di mentalità che si appresta ad accogliere la digitalizzazione del mondo dell’energia. Il mercato Italiano, a questo proposito, ha grandi potenzialità ed è all’avanguardia in questo settore, anche per via della diffusione sempre più capillare degli impianti a fonti rinnovabili come quelli fotovoltaici.
Un’innovazione che però deve essere supportata da normative e regole per fare in modo di gestire al meglio quello che in gergo viene definito autoconsumo collettivo e condiviso. Per questo motivo abbiamo cercato di fare il punto, a livello normativo, della situazione, dal punto di vista legislativo sulle comunità energetiche in Italia insieme ai nostri esperti.
Le comunità energetiche in Italia
Il nostro paese ha cercato di giocare d’anticipo rispetto al resto d’Europa accogliendone le richieste prontamente, per quanto riguarda l’approvazione di normative che regolassero le comunità energetiche in Italia. Una di queste normative è contenuta all’interno del Decreto Milleproroghe approvato lo scorso anno (inizio marzo 2020), la prima che cerca di promuoverle come modello energetico sostenibile.
Ma cosa sono le comunità energetiche in parole povere?
Le comunità energetiche sono nient’ altro che un insieme di privati, contribuenti o imprese, ma anche di P.A. che condividono l’energia che producono. In particolare, l’energia che viene prodotta dai membri di una C.E. è prodotta da fonti rinnovabili, quindi perlopiù tramite impianti fotovoltaici. L’energia così prodotta viene condivisa fra i membri della comunità grazie a quella che viene definita smart grid. Si tratta quindi di un insieme di soggetti che, fra pari, riescono ad autoconsumare l’energia che producono da fonti rinnovabili disponibili localmente tramite la condivisione della stessa.
Le comunità energetiche, in Italia così come nel resto del mondo, rappresentano quindi un’innovazione sostenibile a 360°. Riescono infatti a fornire un servizio non impattando ulteriormente sull’ambiente, fornire un vantaggio economico ai suoi membri, oltre ad avere anche un vantaggio sociale.
La normativa sulle comunità energetiche in Italia
All’interno del Decreto Milleproroghe vengono recepite le indicazioni della Direttiva Europea “Renewable Energy Directive” (RED II). All’articolo 42 bis delle suddette direttive è infatti contenuta la vera e propria definizione di Comunità Energetica. Il decreto dell’ormai ex governo Conte quindi, stabilisce di fatto la possibilità di creare delle comunità energetiche in Italia, comunità il cui fine ultimo è quello dell’autoconsumo di energia, sia istantaneo che differito.
L‘obiettivo dell’autoconsumo non deve essere quello di fornire profitto a qualcuno, tutt’altro. L’obiettivo dovrebbe essere quello di offrire i benefici della C.E. a tutti i suoi membri. Un intento che sottolinea l’importanza del sentimento di collettività che prevede che ognuno faccia la sua parte per il bene di tutti che però coincide anche con il bene del singolo individuo.
Secondo il decreto Mille Proproghe a queste comunità può partecipare chiunque consumi energia. Non solo quindi i possessori di un impianto di produzione dell’energia a fonti rinnovabili ma anche coloro che non ne possiedono uno. A questo punto è chiaro che possono esistere due tipi di Comunità Energetiche in Italia:
- energy community many-to-many (tanti a tanti);
- comunità energetiche one-to-many ovvero di gruppi di autoconsumatori che vivono nello stesso edificio o condominio.
Inoltre, fra le caratteristiche delle C. E., vi sono le seguenti:
- Gli accordi per la vendita di energia sono vincolati da contratti di natura privata;
- Lo scambio di energia deve avvenire attraverso la rete di distribuzione esistente.
I dettagli per la costituzione di C.E.
La normativa italiana, per il momento prevede alcuni paletti per la costituzione di energy comunity. Li abbiamo sintetizzati qui di seguito:
- Le comunità energetiche in Italia per il momento si possono costituire solo a valle della stessa cabina di trasformazione MT/BT.
- Gli impianti singoli che faranno parte della C.E. dovranno essere inferiori ai 100kW, mentre nel complesso non dovranno superare i 200kW.
- Inoltre, gli impianti in questione dovrebbero essere attivati successivamente al 1° marzo 2020, ovvero dopo l’entrate in vigore del decreto Milleproroghe.
Le limitazioni imposte, sono solo provvisorie. Con molta probabilità infatti, questo modello si estenderà nel prossimo futuro, aumentando le possibilità di far parte di questa rivoluzione energetica a sempre più persone. In questo periodo, è opportuno rodare tutto il meccanismo cercando di far conoscere le comunità energetiche a sempre più utenti finali il beneficio di questa nuova modalità di distribuzione e produzione dell’energia. Per la pubblica amministrazione e il Gestore sarà invece un periodo di test per valutarne il funzionamento e la successiva implementazione.
E’ quindi evidente come al momento il progetto abbia dei limiti, ma in ottica futura non può non essere definito lungimirante. Un progetto che però per essere davvero lungimirante dovrà essere supportato con le giuste tempistiche da un’adeguata normativa per le comunità energetiche in Italia.
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