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Direttiva Red II le novità sul recepimento della bozza del decreto Comunità Energetiche

Tutte le ultime novità sulla normativa che dovrebbe recepire la Direttiva Red II previste dalla bozza del decreto Comunità Energetiche

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Lo scorso 5 agosto 2021 è finalmente avvenuto il primo parziale recepimento della direttiva RED II (2018/2001) e IEM (2019/944) da parte del governo italiano. Assieme alla nuova bozza del decreto sulle comunità energetiche, l’Italia si accinge quindi a concludere il percorso di adeguamento della normativa in materia di comunità energetiche ad energia rinnovabile.

Meglio tardi che mai quindi. La Direttiva Red II infatti, secondo le indicazioni della Commissione Europea, avrebbe dovuto essere recepita entro il 30 giugno. Questo ritardo non è passato inosservato e ci è costato l’apertura di 10 procedure di infrazione per il mancato recepimento delle direttive, tra cui quelle sulle C.E. Fatto gravissimo, a cui si è cercato di porrete rimedio tramite la bozza del decreto sulla Comunità Energetiche.

Tuttavia, prima di addentrarci nel recepimento della direttiva RED II e della bozza del decreto sulla Comunità Energetiche riteniamo sia opportuno ricapitolare brevemente la situazione dall’inizio. 

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La situazione iniziale sulle Comunità Energetiche

Il processo di adeguamento alla direttiva RED II è iniziato tramite il Decreto Milleproroghe del 2020. E’ proprio grazie a questo decreto che sono stati introdotti nella legislazione italiana i concetti di:

Assieme a questi concetti, il Milleproroghe introduce anche due importanti limitazioni per le C.E.:

  1. limite di potenza complessiva degli impianti che è di 200 kW
  2. prossimità fisica delle aggregazioni dal moment oche devono utilizzare la connessione alla medesima cabina secondaria.

Dopo questo decreto è stato il turno di ARERA, che tramite apposita Delibera, nell’agosto del 2020, ha riportato le disposizioni relative alle partite economiche relative all’energia prodotta dalle comunità energetiche. Energia che è quindi oggetto dell’autoconsumo collettivo e di condivisione all’interno della stessa comunità.

A questo punto è entrato in gioco il Decreto Attuativo del MiSE che ha fissato la tariffa incentivante per la remunerazione dell’energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle configurazioni sopracitate.

Per ulteriori misure in merito alle comunità energetiche è stato necessario poi attendere il PNRR (l Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) approvato lo scorso 13 luglio. In questo Piano sono infatti contenute molte misure che riguardano la transizione ecologica italiana con circa 90 miliardi di euro destinati proprio alle energie rinnovabili.

Recepimento direttiva RED II e IEM: le novità di agosto 2021 nella bozza del decreto Comunità Energetiche

Come già accennato, lo scorso agosto, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare il decreto Comunità Energetica ovvero il decreto attuativo tramite il quale si recepiscono diverse direttive europee, tra cui la direttiva RED 2.

Qui di seguiti prendiamo brevemente in esame le misure più importanti contenute nella bozza del decreto Comunità Energetiche, novità che riguardano soprattutto i meccanismi d’incentivazione.

Articolo 5

L’articolo 5 della bozza del Decreto Comunità Energetiche prevede che l’elettricità prodotta da impianti a fonti rinnovabili possa accedere a strumenti di incentivazione tariffaria. L’incentivo verrà assegnato tramite una tariffa incentivante erogata dal GSE sulla base dell’energia che l’impianto produce. In altre parole l”incentivo viene calcolato sulla quota parte di tale produzione che viene immessa in rete o auto consumata.

I grandi impianti, quelli in grado di produrre almeno 1MW, fruiranno di un incentivo calcolato attraverso procedure competitive di aste al ribasso in base a contingenti di potenza.

Questi impianti possono accedere all’incentivo in base a diversi meccanismi, ovvero i seguenti:

  • se i costi di generazione sono più vicini alla competitività di mercato, usufruiscono di un incentivo che è attribuito attraverso una richiesta da effettuare direttamente all’entrata in esercizio dell’impianto;
  • per impianti innovativi e per impianti con costi di generazione maggiormente elevati, l’incentivo è attribuito tramite bandi. In essi saranno individuati dei contingenti di potenza e stabiliti dei criteri di selezione basati sul rispetto di requisiti tecnici, di tutela ambientale e del territorio e di efficienza dei costi;
  • è possibile di accedere a un incentivo diretto alternativo a quello citato in precedenza. Questo incentivo serve a premiare l’energia auto consumata istantaneamente attraverso una specifica tariffa a scaglioni regolata in base della potenza degli impianti.

Gli incentivi non riguardano solo gli impianti ma anche il loro abbinamento tra fonti rinnovabili e sistemi di accumulo. Questo perché è proprio grazie a questi sistemi che è possibile garantire una maggiore programmabilità delle fonti ad energia rinnovabile.

Articolo 7

E’ l’articolo 7 della bozza quello in cui viene affrontato il tema della regolamentazione delle tariffe per piccoli impianti (> 1MW). All’interno di esso vengono infatti definite le modalità per l’implementazione dei sistemi di incentivazione rispettando alcuni criteri.

In particolare, per quanto riguarda gli impianti con costi di generazioni più vicini alla competitività di mercato:

  • è possibile presentare la domanda di accesso agli incentivi alla data di entrata in esercizio dell’impianto;
  • l’accesso all’incentivo viene garantito fino al raggiungimento dei tetti di potenza che a sua volta sono stabiliti su base quinquennale;
  • l’incentivo è volto a favore l’autoconsumo e l’abbinamento degli impianti a fonti rinnovabili con i sistemi di accumulo.

Per gli impianti che hanno costi di generazione particolarmente elevati invece:

  • saranno indetti dei bandi di selezione nei limiti di contingenti di potenza;
  • i criteri utilizzati per regolamentare le tariffe saranno il rispetto di requisiti di tutela ambientale e del territorio e l’offerta di riduzione percentuale della tariffa base. L’obiettivo è quindi quello di individuare le iniziative più virtuose secondo dei principi meritocratici;
  • la pubblicazione dei bandi avverrà con frequenza periodica con dei meccanismi a garanzia della realizzazione degli impianti autorizzati, anche mediante fissazione di termini per l’entrata in esercizio.

Decreto Comunità Energetiche: la regolamentazione degli incentivi per la condivisione dell’energia

La bozza del testo del decreto Comunità Energetiche in cui si recepisce la Direttiva Red II prevede inoltre una regolamentazione degli incentivi per la condivisione dell’energia.  E’ l’articolo 8 della bozza ad individuare i meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo o in comunità energetiche rinnovabili. In breve:

  • gli impianti di potenza superiore a 1MW possono accedere all’incentivo se entrano in esercizio dopo l’ entrata in vigore del decreto;
  • per le comunità energetiche e gli auto consumatori che agiscono collettivamente, l’erogazione dell’incentivo avverrà in base alla quota di energia condivisa dagli impianti che si trovano all’interno della stessa cabina primaria;
  • l’incentivo non è altro che una tariffa incentivante attribuita alla sola quota di energia prodotta dall’impianto e condivisa;
  • sarà possibile trasmettere la domanda di accesso agli incentivi alla data di entrata in esercizio dell’impianto senza dover per forza essersi iscritti precedentemente a bandi o registri.

Attuazione direttiva Red II: le altre novità

Infine, le ultime novità previste nella bozza del decreto Comunità Energetiche di attuazione della direttiva Red II prevedono i seguenti punti:

  • semplificazione delle autorizzazioni e degli iter necessari per l’installazione di impianti di produzione da Fonti Energetiche Rinnovabili;
  • accelerazione nello sviluppo della rete elettrica e della rete gas;
  • creazione di uno Sportello Unico Digitale per le Energie Rinnovabili (SUDER) per coordinare e digitalizzare tutti gli adempimenti richiesti per il rilascio delle autorizzazioni;
  • semplificazione per la realizzazione degli elettrolizzatori alimentati con fonti rinnovabili;
  • incremento dell’apertura del mercato dei servizi a nuove tipologie di soggetti per la gestione della domanda e dei sistemi di accumulo;
  • completamento della liberalizzazione dei mercati al dettaglio salvaguardando i clienti più vulnerabili.

L’importanza del recepimento della direttiva RED II tramite la:bozza del Decreto Comunità Energetiche

Il recepimento della direttiva Red 2 tramite la bozza del Decreto Comunità Energetiche potrebbe segnare un passo molto importante per l’elettrificazione dei consumi del Paese. Servirebbe infatti a completare uno scenario normativo che potrebbe dare il via libera allo sviluppo su larga scala delle comunità energetiche.

Tuttavia, lo sviluppo delle C.E.R. costringerà gli operatori a dotarsi di piattaforme digitali per studiare la fattibilità e valutare la sostenibilità economica delle nuove configurazioni. Ciò sarà possibile solo tramite software adeguati in grado di creare delle simulazioni adeguate in fase di progettazione in modo da consentire un’adeguata valutazione dell’impatto economico e ambientale della C.E.R.

Piattaforme digitali che noi di Valore Comunity stiamo già sviluppando grazie al nostro team di esperti.

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Autoconsumo fotovoltaico: “1 a 1” a “1 a molti” con le Comunità Energetiche

Autoconsumo fotovoltaico: come cambia con l’entrate in vigore delle comunità energetiche

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Quello dell’energia elettrica è un settore molto particolare. Quando infatti c’è necessità di energia elettrica, questa necessità deve essere soddisfatta immediatamente. Con questo intendiamo dire che, se io premo l’interruttore per accendere la lampadina, mi aspetto che la lampadina si accenda immediatamente. C’è quindi necessità di una produzione costante dell’energia che poi deve essere distribuita ai singoli consumatori tramite la rete di distribuzione dell’energia.

Il concetto che abbiamo appena riportato è un concetto di particolare importanza quando si parla di energie rinnovabili. Soprattutto quando si parla di autoconsumo fotovoltaico. Difficilmente infatti i possessori di un impianto fotovoltaico sono in grado di auto-consumare l’energia che produce il proprio impianto durante la notte, dal momento che il fotovoltaico non ne produce.

E’ proprio in questo contesto che è stato introdotto il concetto di comunità energetica e quello di autoconsumo collettivo dell’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici.

Ma come funziona l’autoconsumo fotovoltaico? Come funziona l’autoconsumo collettivo?

Abbiamo provato a fare il punto della situazione insieme ai nostri esperti.

Come funziona l’autoconsumo fotovoltaico

Per spiegare come funziona l’autoconsumo fotovoltaico forse è più immediato partire da un esempio concreto. Prendiamo come riferimento l’installazione di un impianto fotovoltaico.

Un impianto di questo tipo è comunque connesso alla rete elettrica tramite un punto di prelievo (POD). L’energia che produce l’impianto serve a soddisfare sia il fabbisogno associato a quel preciso POD permettendo di fatto l’autoconsumo fotovoltaico al suo possessore, sia a fornire energia alla rete cedendogliela tramite differenti modalità come lo scambio sul posto o il ritiro dedicato. Ovviamente, l’energia ceduta alla rete sarà quella non autoconsumata dal possessore dell’impianto, ovvero quella prodotta in eccesso dall’impianto.

La modalità di autoconsumo fotovoltaico che abbiamo appena descritto è definita “1 a 1”. Il beneficiario di ogni impianto è infatti unico dal momento che si riferisce ad un solo POD. Questo fattore incide anche sul dimensionamento dell’impianto, che ovviamente verrà tarato per garantire al possessore la maggiore quota di autoconsumo fotovoltaico possibile.

Se però prendiamo in esame il caso del condominio, il fotovoltaico che potrebbe essere installato nel tetto dell’edificio dovrebbe soddisfare il fabbisogno del singolo POD associato all’impianto, ovvero quello dei servizi comuni. Con questa configurazione, in parole povere, non verrebbe preso in considerazione il fabbisogno energetico dei singoli appartamenti. D’altronde, anche fisicamente, è impossibile collegare l’impianto fotovoltaico condominiale ad ogni appartamento.

E’ anche per risolvere casi come questo di cui abbiamo appena parlato che il legislatore, tramite l’approvazione del Decreto Milleproroghe art. 42 bis, ha provveduto a sviluppare la configurazione delle comunità energetiche. In sostanza, tramite questa configurazione, l’energia prodotta in configurazione di autoconsumo fotovoltaico “1 a 1” viene rimessa in gioco, garantendo di fatto una sorta di autoconsumo 1 a molti (i partecipanti alla comunità).

Comunità energetiche rinnovabili, cosa sono

E’ a questo punto che, dopo aver spiegato come funziona l’autoconsumo fotovoltaico dobbiamo per forza parlare delle comunità energetiche rinnovabili.

Una comunità energetica rinnovabile è in pratica un’associazione di utenti che condividono fra di loro l’energia che producono da fonti rinnovabili. Il fine ultimo è quello di riuscire a coprire il loro fabbisogno energetico simultaneo in modo da rendersi il più indipendenti possibile dalla fornitura della rete elettrica nazionale. In questo modo ovviamente, gli associati potrebbero ottenere molti vantaggi, soprattutto di natura economica andando a ridurre sensibilmente le spese energetiche.

I vincoli delle C.E e chi vi può prendere parte

Il concetto di autoconsumo fotovoltaico tramite comunità energetica è un concetto talmente innovativo che non possiede alcuna barriera di ingresso. Possono infatti far parte di una comunità energetica sia privati cittadini, che imprese, ma anche gli enti pubblici. Costoro possono o meno possedere un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili: possono perciò far parte di una comunità energetica come consumatori o come produttori (di energia).

L’importante è che vengano rispettati i seguenti requisiti:

  1. I punti di connessione devono essere ubicati su reti elettriche sottese alla stessa cabina di trasformazione Media/Bassa Tensione.
  2. L’ammontare totale della potenza installata degli impianti di produzione non può superare i 200 kW.

Come funziona la condivisione dell’energia all’interno di una Comunità Energetica?

La condivisione dell’energia per l’autoconsumo fotovoltaico prodotta dagli impianti avviene tramite la rete di distribuzione esistente. La quota di energia condivisa è pari al minimo, in ciascun periodo orario, tra l’energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti a fonti rinnovabili e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali associati.

Ne consegue pertanto che l’energia condivisa deve essere dedicata all’autoconsumo istantaneo oppure essere destinata ai sistemi di accumulo tramite i quali, in un secondo momento, poter garantire l’autoconsumo istantaneo.

La gestione di una comunità energetica

La gestione di una comunità energetica avviene tramite un’associazione creata ad hoc. Questa può essere costituita da persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali o autorità locali (amministrazioni comunali). L’importante è che i loro punti di prelievo e immissione complessiva non superino i 200 kW e siano ubicati in reti in bassa tensione e sottese alla medesima cabina di trasformazione MT/bt.

Una volta creata l’associazione essa individua un delegato che gestisce i rapporti economici con il GSE. Tutti gli altri partecipanti alla comunità energetica invece mantengono lo status di clienti finali. Ovviamente, i rapporti di condivisione dell’energia, dovranno essere regolati tramite un contratto di diritto privato. Come tale, i partecipanti possono sempre di decidere di lasciare la comunità in qualsiasi momento. Al tempo stesso può mantenere e/o scegliere il proprio fornitore di energia elettrica.

Come avviene la valorizzazione economica dell’energia condivisa?

La quota di energia prodotta dall’impianti FV che viene condivisa per l’autoconsumo fotovoltaico è a sua volta valorizzata attraverso l’applicazione di corrispettivi economici. Questo perché il legislatore cerca in qualche modo di valorizzare l’effetto virtuoso che la produzione distribuita conferisce al sistema di distribuzione dell’energia, oltre all’applicazione di tariffe incentivanti (di cui parliamo qui).

E’ proprio grazie a questa valorizzazione economica che il delegato dall’associazione della comunità energetica potrà distribuire direttamente gli importi economici maturati secondo tempistiche e modalità concordate.

L’autoconsumo fotovoltaico è compatibile con gli incentivi previsti dal Superbonus 110%?

Sono in molti a chiedersi se l’autoconsumo fotovoltaico sia compatibile con gli incentivi previsti dal Superbonus 110%. A costoro possiamo dare una buona notizia dal momento che la risposta a questa domanda è si!

I soggetti che intendono realizzare i lavori di efficientamento energetico per la realizzazione di comunità energetiche potranno ottenere una detrazione del 110% sulla spesa sostenuta per l’installazione di un impianto fv di potenza massima di 20 kW. Anche i condomini potranno godere della maxi-detrazione del 110%, per gli interventi trainanti e trainati come l’installazione del FV. In questo caso, l’impianto installato, potrà godere della disciplina prevista dalla comunità energetica.

Se l’impianto supererà questa potenza, quella eccedente potrà usufruire della detrazione ordinaria del 50% per un limite di spesa massimo di 96.000 euro.

Conclusione

Le comunità energetiche, che sfruttino o meno l’autoconsumo fotovoltaico, rappresentano una grande opportunità visto che riescono a rivalutare il ruolo l’utente rendendolo parte attiva del sistema energetico attraverso la partecipazione e condivisione dell’energia. Tutto questo porterà indubbi vantaggi nella direzione di un uso dell’energia sempre più green e sostenibile.

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Smart Grid: cosa sono e come funzionano

Smart Grid: cosa sono, come funzionano e perché sono fondamentali per le Comunità Energetiche

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Il concetto di “smart grid” o rete intelligente (leggi la definizione qui) è un concetto che si lega profondamente a quello di comunità energetica. Quest’ultima non è altro che un’associazione di soggetti che tramite impianti ad energia rinnovabile producono e condividono l’energia di cui hanno bisogno.

E’ quindi evidente che l’energia prodotta da questi soggetti, per essere condivisa, deve viaggiare su di un’apposita rete o infrastruttura con specifiche caratteristiche. Ad esempio l’infrastruttura deve essere in grado di gestire automaticamente l’erogazione e/o il prelievo di energia dall’impianto e monitorarlo proprio come le smart grid.

Ma cosa sono le smart grid in parole povere? Come funzionano? Quali sono i vantaggi in grado di garantire in termini soprattutto di risparmio energetico?

Cos’è una smart grid?

La traduzione del termine “smart grid” significa a tutti gli effetti “rete elettrica intelligente”. In particolare, viene definita intelligente per la sua capacità di raccogliere informazioni in autonomia relativamente alle variazioni delle condizioni operative e di parametri come quelli relativi tensione e consumi relativi i diversi nodi collegati dalla rete. Ovviamente ciò è possibile solo grazie a tecnologie digitali talmente all’avanguardia da riuscire a raccogliere informazioni e di elaborarle reagendo di conseguenza. Reazione che consiste in una diversa distribuzione dell’energia elettrica tra i diversi nodi collegati.

La seconda caratteristica fondamentale delle smart grid è proprio quella che abbiamo appena esposto. Le smart grid sono in grado di redistribuire in autonomia l’energia elettrica tra i diversi nodi ad essa collegati. Redistribuzione che appunto avviene a seconda delle necessità sulla base delle informazioni raccolte ed elaborate dalla stessa.

Le smart grid e le comunità energetiche rinnovabili

Abbiamo appena visto come le smart grid siano in grado di gestire in maniera intelligente l’energia. Una gestione tale diventerà imprescindibile con la diffusione sempre più capillare della green energy e degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Questi infatti sono impianti che necessitano di accorgimenti particolari che servono appunto a gestire in maniera corretta l’energia prodotta evitando sprechi di energia.

Prendiamo ad esempio il caso degli impianti fotovoltaici. Oramai è noto a tutti che la produzione di energia di questo tipo di impianti varia in base alla presenza ed all’intensità del sole. Di notte infatti non riescono a produrre energia, di giorno invece, durante quelle bolle giornate soleggiate dell’estate riescono a rendere al massimo.

Da questo possiamo dedurre che i pannelli solari hanno momenti in cui riescono a produrre più energia di quanto sia necessaria, così come possono non riuscire a produrre abbastanza energia. Pertanto è necessario in qualche modo bilanciare la situazione per evitare gli sprechi energetici. Proprio qui entra in gioco la smart grid riuscendo a ricollocare in maniera istantanea l’energia prodotta in eccesso, o prelevando l’energia che manca dalla rete elettrica nazionale.

Un meccanismo, questo che abbiamo appena descritto, che ben si adatta anche al funzionamento delle Comunità Energetiche Rinnovabili. L’energia prodotta da un impianto fotovoltaico in questo caso deve essere distribuita, a seconda della necessità fra i membri della comunità. Una distribuzione che deve anche essere monitorata ai fini di stabilire il costo (a tariffe agevolate) che i consumatori devono sostenere. Due funzioni che le smart grid sono pienamente in grado di assolvere.

Architettura della rete: come cambia?

Implementare le smart grid significa a tutti gli effetti optare per un tipo di architettura di rete diversa.  Se infatti in questo momento, le reti di distribuzione di energia sono prevalentemente centralizzate, nel futuro potrebbero essere sempre più decentralizzate.

Ma cosa significa tutto questo?

Centralizzata

Sostanzialmente avvalersi di un’architettura della rete centralizzata significa che l’energia prodotta dalle centrali, viene distribuita tramite tralicci, centraline e cavi, su tutto il territorio nazionale. In questo caso il flusso della corrente viaggia però in unica direzione: dalla centrale all’utenza privata. Ne consegue quindi, che le centrali devono in un certo qual modo pianificare la loro produzione di energia, a prescindere dal suo effettivo bisogno.

Tuttavia una rete centralizzata presenta anche diverse problematiche, prima fra tutti quella relativa agli sprechi. Dove va a finire tutta quell’energia prodotta dalle centrali ma non consumata dai consumatori? Semplicemente andrà a disperdersi nella rete, viaggiando talvolta anche per lunghi tratti, senza poter essere in qualche modo recuperata.

Decentralizzata: dal consumatore passivo al prosumer

Se la caratteristica principale di una rete centralizzata è quella di una trasmissione dell’energia uni direzionale, possiamo affermare che quella di una rete decentralizzata è quella di permettere un doppio flusso di energia. Solo in questo modo è possibile creare quel rapporto di scambio tipico delle smart grid e delle comunità energetiche tra produttore e consumatore.

Ovviamente per permettere questi flussi bi-irezionali è necessario gestire la rete in maniera intelligente ovvero tramite una smart grid. Con i suoi i sensori, strumenti ed algoritmi può dar vita ad una vera e propria intelligenza artificiale in grado di controllare i flussi.

Tuttavia, l’aggettivo decentralizzato non si riferisce solamente alla bi-direzionalità dei flussi. Si riferisce soprattutto al mercato che da one-to-many diventerà many-to-many. Niente più grossi player produttori e fornitori di energia ai singoli privati ma associazioni singoli cittadini e piccole imprese che produrranno energia green tramite i loro impianti. Soggetti che sfrutteranno al massimo anche le possibilità di accumulo dell’energia e di redistribuzione della stessa garantite dalla smart grid.

Analizzando meglio la situazione, i singoli soggetti non sono più dei semplici consumatori di energia, ma anche dei produttori al tempo stesso. Ecco perché i soggetti che fanno parte di una C.E. vengono anche definiti come “prosumer” termine inglese coniato dall’unione di “produttore” e “consumatore”.

Quali sono i vantaggi delle smart grid?

Dopo questa panoramica sulle smart grid, riassumerne i vantaggi è abbastanza semplice.

I vantaggi del singolo individuo sono sicuramente da ricercare nel minor costo dell’energia che esso si trova a sostenere. Il costo infatti cala sia per via del fatto che l’utente preleverà meno energia dalla rete elettrica nazionale, sia a causa dello scambio attivato all’interno delle reti locali.

Esistono poi dei vantaggi ambientali da non sottovalutare. Le “smart grids” sono infatti fondamentali per una maggiore diffusione ed impiego delle energie rinnovabili. Grazie ad esse infatti, l’energia green generata da impianti come quelli fotovoltaici diventa più facilmente “programmabile”. Un aspetto diventato fondamentale in questi tempi caratterizzati da cambiamenti climatici sempre più potenti in cui è sempre più importante salvaguardare l’ambiente in cui viviamo.

Inoltre un sistema decentralizzato e distribuito e basato sulla gestione efficiente dell’energia come quello delle smart grid genera senza dubbio meno sprechi. Sprechi che faranno calare drasticamente l’energia richiesta, energia che in molti casi viene ancora prodotta da fonti non rinnovabili, generando quindi emissioni di CO2 in ambiente.

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Comunità energetiche: cosa sono e come funzionano le C.E.R.

Comunità energetiche: cosa sono e come funzionano le Comunità di Energia Rinnovabile cui si riferisce il testo del decreto Milleproroghe

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Anche l’Italia ha deciso di fare sul serio nel campo delle comunità energetiche rinnovabili. L’approvazione delle ultime normative, seppur non ancora completa, rappresenta un deciso passo verso un modello già ampiamente diffuso in Nord Europa, oltre a recepire, almeno in parte le direttive della C.E.

Queste nuove normative favoriranno in particolare la diffusione di energie verdi e sostenibili tramite la creazione di sistemi virtuosi di produzione e condivisione di energia prodotta da fonti rinnovabili. Una frase, questa, che può già dare un’idea abbastanza chiara e completa delle comunità energetiche e di cosa sono. Tuttavia, per comprenderne appieno il concetto, e di come queste siano uno strumento fondamentale per la transizione ecologica non possiamo limitarci a questa definizione.

Ecco perché, insieme ai nostri esperti, abbiamo cercato di fare il punto della situazione sulle comunità energetiche e su cosa sono e come funzionano.

Pronto a scoprilo? Allora continua a leggere!

Comunità energetiche: cosa sono?

Una comunità energetica, o una comunità energetica rinnovabile è sostanzialmente di un’associazione. Possono far parte di quest’associazione sia cittadini privati, che imprese o attività commerciali, ma anche enti locali. Per certi versi quindi, la risposta alla domanda “Comunità Energetiche: cosa sono?” può anche essere solamente questa anche se è incompleta.

Se gli associati, o quanto meno alcuni di essi, possiedono o hanno intenzione di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico) possono auto-consumare l’energia che questi impianti producono, basandosi sulla condivisione della stessa fra i membri dell’associazione. Sostanzialmente, la risposta alla domanda “Comunità energetiche: cosa sono?” è quindi la seguente:

Una forma collaborativa di produzione di energia da fonti rinnovabili che è basata su di un sistema di scambio locale dell’energia. Le C.E. servono dunque a favorire gestione congiunta dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, lo sviluppo sostenibile e ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale.

Tuttavia, per rispondere in maniera adeguata alla domanda “Comunità energetiche: cosa sono?” non possiamo limitarci a quanto abbiamo appena riportato.

Le C.E. infatti vanno oltre alla soddisfazione del fabbisogno energetico. Di fatto favoriscono la nascita di nuovi modelli socioeconomici circolari dove il produttore coincide con il consumatore. I soggetti che fanno parte di una C.E. infatti sono impegnati nelle diversi fasi: produzione, consumo e scambio di energetica. In questo modo è possibile rispettare i principi di responsabilità ambientale, sociale ed economica e partecipazione attiva in tutti i processi energetici.

Come funzionano le comunità energetiche

Una comunità energetica, per funzionare, deve coinvolgere diversi soggetti, sia privati che pubblici. Saranno costoro infatti a dover costituire un ente legale volto alla produzione di energia elettrica tramite impianti a fonti rinnovabili come quelle fotovoltaici.

In particolare, questi impianti possono essere sia individuali, sia trattarsi di impianti che sono di fatto a disposizione della collettività. Questo significa che il semplice cittadino, o azienda o ente pubblico, può mettere a disposizione della comunità l’ impianto fotovoltaico del suo tetto, così come lo stesso può fare una centrale fotovoltaico o eolica.

Organizzandosi in questo modo, i semplici consumatori passivi (consumer) possono diventare dei consumatori attivi e produttori (prosumer) di energia. Costoro infatti saranno comunque dotati di di un proprio impianto per la generazione di energia elettrica per l’autoconsumo, cedendo la parte di energia in eccesso agli altri soggetti della comunità. 

La cessione avviene tramite la cosiddetta smart grid, ovvero di una struttura moderna e digitalizzata, il cui scopo è quello di ottimizzare la gestione energetica e quindi renderla più efficiente. La smart grid collega tutti i membri della comunità e potrebbe comprendere anche dei sistemi di accumulo dell’energia. Pertanto l’energia prodotta in eccesso e non consumata non andrebbe mai sprecata. La smart grid inoltre sarà comunque soggetta a controlli da parte di tecnologie digitali all’avanguardia per ottimizzare ogni fase di produzione, consumo e scambio dell’energia attraverso soluzioni hardware e software innovative.

normativa

Per rispondere alla domanda “Comunità Energetiche: cosa sono?” è anche necessario accennare brevemente alla normativa che le regola.

Dobbiamo risalire al 2019 per la prima normativa in tema di Comunità Energetiche introdotta in Italia: è grazie al Decreto Milleproroghe 162/2019 che esse sono riconosciute dalla legge. Essa le definisce questi soggetti come associazioni di cittadini, imprese ed enti locali che decidono di unirsi con l’obiettivo di dotarsi di impianti per la produzione, l’autoconsumo e la condivisione di energia prodotta da fonti rinnovabili. Tuttavia, le imprese non possono incentrare la loro attività e farne la principale quella di produzione e cessione di energia.

E’ prevista anche una configurazione incentrata sui gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile. Tramite questa configurazione i soggetti privati possono produrre e vendere energia in modo autonomo anche a più utenze che si trovano sparse e situate in tutto il territorio nazionale.

Tramite il decreto sulle C.E. l nostro paese ha recepito la Direttiva europea RED II 2001/2018, con la quale l’Unione Europea riconosce valenza giuridica alle associazioni e introduce la figura del produttore/consumatore di energia (prosumer).

I vantaggi delle C.E.

Abbiamo appena visto come, tramite soluzioni tecnologicamente evolute è possibile ridurre gli sprechi energetici ed al tempo stesso favorire sia la diffusione delle energie rinnovabili che agevolare la rete elettrica nazionale. Ciò porterebbe non solo notevoli benefici per la collettività in termini di risparmio energetico e quindi di riduzione delle emissioni di CO2, ma anche un notevole risparmio in bolletta. Clicca qui per scoprire di più sulle tariffe incentivanti per le C.E.!

Ed è proprio dei vantaggi delle comunità energetiche che a questo punto dobbiamo parlare per rispondere correttamente alla domanda “Comunità energetiche: cosa sono?”. Vantaggi che possono essere di tre tipologie:

  • Ambientali: le comunità energetiche prevedono l’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia. In questo modo è possibile ridurre le emissioni dei gas responsabili dell’effetto serra mitigando i danni causati dai cambiamenti climatici.
  • Economici: gli incentivi previsti per le comunità energetiche sono cumulabili con altre agevolazioni. Ci riferiamo in particolare alle misure previste dall’Ecobonus, dal Superbonus 110% e dal Bonus Casa. C’è poi da considerare la notevole riduzione dei costi dell’energia dovuta all’autoconsumo ma anche alle tariffe incentivanti (di cui parliamo qui) di cui i soggetti di una C.E. possono usufruire per il consumo di energia.
  • Sociali: la diminuzione dei costi energetici e delle emissioni inquinanti favorisce la coesione delle comunità locali e promuove modelli di inclusione e collaborazione sociale. E’ prevedibile che la diffusione del modello delle C.E.R. crei una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori contribuendo anche a contrastare la povertà energetica.

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Comunità energetiche: la normativa

Comunità energetiche: la normativa tra direttive europee e Decreto Milleproroghe

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Finalmente anche in Italia è possibile dare vita alle Comunità Energetiche Rinnovabili. Una possibilità che permette a privati, aziende, ed eventualmente anche agli attori della pubblica amministrazione di ottenere dei vantaggi non indifferenti. Le comunità energetiche rinnovabili sono infatti una vera e propria innovazione nel settore dell’energia dal momento che non è sbagliato definirle come una sorta di evoluzione del sistema di distribuzione dell’energia oltre che della sua produzione.

L’innovazione devo però essere supportata da regole adatte a farla progredire in maniera consona e lineare. Ecco perché dapprima in Europa e poi anche in Italia è stata introdotta una normativa per le comunità energetiche. Solo attraverso un’adeguata comunità energetiche normativa è infatti possibile gestire in maniera adeguata e consona quello che in gergo viene definito autoconsumo collettivo e condiviso.

Ecco perché abbiamo interpellato i nostri esperti chiedendogli di fare il punto sulla normativa che regola le comunità energetiche. Punto della situazione che abbiamo riportato in questo approfondimento.

Clicca qui e scopri il quadro completo della normativa sulle comunità energetiche rinnovabili al  2023!

Comunità energetiche: la normativa Europea

La normativa delle comunità energetiche è legata alla Direttiva Europea 2001/2018/UE sullo sviluppo delle fonti rinnovabili. La Direttiva è in particolare rivolta alla preparazione degli Stati membri della comunità europea dal momento che questi dovranno essere in grado di:

Adottare misure, tra cui la fornitura di informazioni, la fornitura di assistenza tecnico-finanziaria, la riduzione dell’onere amministrativo, compresi i criteri di gara incentrati sulle comunità, la creazione di periodi d’offerta su misura per le comunità di energia rinnovabile o la possibilità per tali comunità di essere retribuite tramite sostegno diretto quando rispettano i requisiti degli impianti di piccola taglia.

Premesso questo va preso atto che in alcuni dei paesi dell’Unione Europea le modifiche alla comunità energetica normativa nazionale sono già state avviate. Modifiche che di fatto permettono la nascita di comunità energetiche urbane nei condomini, centri commerciali o negli uffici pubblici. La direttiva infatti aveva l’obiettivo fondamentale di mettere al centro dell’attenzione lo sviluppo di energia pulita e la sua distribuzione attraverso le comunità energetiche.

La normativa delle Comunità Energetiche in Italia

Ogni direttiva europea deve essere recepita dai singoli paesi membri dell’Unione Europea. In Italia, questa direttiva doveva essere recepita entro giugno 2021 anche se non lo è stata, almeno per il momento. La normativa sulle comunità energetiche in Italia si è tuttavia arricchita dopo l’approvazione del Decreto Milleproroghe che ha delineato una strada ben precisa.

La comunità energetiche normativa si è inoltre arricchita della delibera 318/2020/R/EEL di ARERA che chiarisce e disciplina la differenza tra comunità energetiche e autoconsumo collettivo. La delibera rappresenta quindi un importante passo in avanti per l’adeguamento alla normativa comunitaria.

Ma cosa cambia di preciso con l’approvazione di queste due norme?

Le comunità energetiche secondo il Decreto Milleproroghe

E’ oramai scaduto il termine entro il quale l’Italia doveva adeguarsi alla normativa europea in modo da agevolare lo sviluppo e la condivisione di energia rinnovabile. Il termine ultimo per introdurre una comunità energetiche normativa era infatti lo scorso giugno.

Tuttavia Legambiente ed Italia Solare hanno presentato un emendamento al decreto Milleproroghe che ha permesso all’Italia di fare un passo in avanti in merito alle comunità energetiche. In particolare, le proposte dell’emendamento al Milleproroghe per lo sviluppo di comunità energetiche erano le seguenti:

  • Valorizzazione dello scambio di energia da fonti rinnovabili per le utenze situate nella stessa rete di distribuzione;
  • Agevolare e valorizzare i progetti locali per la creazione di Comunità Energetiche Rinnovabili;
  • Creare vantaggi per l’energia auto-consumata anche tramite tariffe incentivanti;
  • Spingere alla creazione di aggregazioni in grado di soddisfare i bisogni;
  • Integrare sistemi per accumulare e scambiare energia elettrica con sistemi efficienti;
  • Contribuire a stabilizzare il sistema.

Comunità energetiche ed ARERA

Come abbiamo già avuto modo di puntualizzare, le normative sulla comunità energetica non sono ancora complete in Italia. Per questo, è dovuta intervenire anche ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) in modo che si potessero completare quei passaggi necessari a dar vita alle C.E.R. Un intervento che ha dato certamente i suoi frutti ma che ha comunque avuto bisogno di un decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo economico.

A dirla tutta, ARERA si era già espressa in tema di comunità energetiche la loro normativa da attuare per agevolarne la diffusione. Tuttavia, il parere espresso da ARERA era stato oggetto di critiche proprio da Legambiente e Italia Solare, i soggetti che hanno promosso l’emendamento sullo sviluppo delle comunità energetiche.

Critiche che hanno fatto emergere dei nodi che devono essere sciolti il prima possibile.

Criticità della normativa

Legambiente e Italia Solare hanno infatti evidenziato alcuni punti, i seguenti, che meritano un maggiore approfondimento:

  • Maggiore considerazione del consumo istantaneo di energia. E’ necessario un approfondimento dell’art. 42 bis del DL 162/2019, soprattutto sui risparmi dei costi di dispacciamento, sulle infrastrutture di distribuzione e sui costi di capacità.
  • Disciplina della condivisione di energia. E’ necessario integrare la normativa europea in modo da garantire un’effettiva condivisione della materia prima energia.
  • Chiarire il regime fiscale della condivisione energetica. E’ necessaria la coordinazione fra ARERA e l’Agenzia delle Entrate in modo da poter garantire l’attuazione delle disposizioni fiscali prima dell’adozione definitiva dei provvedimenti.
  • Specifiche sull’accesso alle attività di vendita di energia: Sono necessarie indicazioni più specifiche per quanto riguarda l’accesso alle attività di vendita e dispacciamento da parte dell’utente a condizioni semplificate.
  • Misurazione e accesso ai dati. Un utilizzo dei contatori 2G, con installazione da parte del distributore faciliterebbe la trasmissione dei dati sui consumi trasmessi dal produttore e non dal distributore.
  • Incentivi cumulabili. Gli incentivi per il fotovoltaico e le Comunità energetiche dovrebbero essere cumulabili e disponibili anche per impianti in zone agricole.
  • Approfondimento sull’autoconsumo collettivo. ARERA dovrebbe inoltre fornire un approfondimento sulle modalità di interazione tra autoconsumo collettivo e sistema elettrico.

Conclusioni

Vogliamo concludere il discorso sulla comunità energetiche normativa riportando le parole di Edoardo Zanichini, vicepresidente Legambiente. Parole di entusiastiche e di speranza che riguardano il futuro, non solo delle energie rinnovabili in Italia, ma anche dell’economia:

Finalmente sarà possibile produrre e scambiare l’energia pulita nei condomini e tra imprese, tra edifici pubblici e attività commerciali. In questo modo si apre la strada per progetti locali di impianti solari in autoproduzione ma anche per scambiare localmente l’energia in eccesso, con riduzione di sprechi e vantaggi tanto ambientali quanto economici per imprese, famiglie e comunità

Scopri le novità apportate dal recepimento della direttiva Red II cliccando qui!

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Comunità energetiche: tutti i vantaggi del farne parte

Comunità energetiche alla scoperta di tutti i vantaggi che si possono ottenere dal farne parte

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Finalmente anche in Italia è possibile organizzare le cosiddette comunità energetiche rinnovabili. Queste non sono altro che un insieme di soggetti che possono essere sia privati, sia imprese che enti pubblici che gestiscono la produzione ed il prelievo di uno o più impianti ad energia rinnovabile. 

Ovviamente, il fatto che questi soggetti si associno per produrre e condividere fra di loro l’energia produce diversi vantaggi per i membri della comunità energetica. Vantaggi comunità energetiche che grosso modo sono quelli che derivano dall’autoconsumo di energia da un punto di vista strettamente economico ma che non si limitano solo a questo aspetto.

Consumando l’energia che producono infatti, i membri di una C.E. possono anche ridurre il consumo di energia prelevata dalla rete elettrica nazionale. Energia che di solito viene prodotta da fonti non rinnovabili e quindi con notevoli immissioni di CO2 nell’atmosfera.

Ma le comunità energetiche hanno anche altri vantaggi. Ecco perché abbiamo deciso di esaminare a fondo la questione insieme ai nostri esperti.

Comunità energetiche come funzionano

Le comunità energetiche comportano vantaggi per famiglie e aziende che ne fanno parte. Questi soggetti infatti possono essere o produttori di energia o consumatori, un aspetto che avremo modo di approfondire più avanti. Come abbiamo visto infatti, le comunità energetiche sono un gruppo di soggetti (comuni, condomini, famiglie o cooperative) capaci di produrre, consumare e condividere energia nel rispetto del principio di autoconsumo energetico e autosufficienza, utilizzando impianti che producono energia pulita rinnovabile come appunto quelli fotovoltaici.

La novità delle C.E. non è però tanto la possibilità di produrre energia da impianti fotovoltaici, quanto la possibilità di scambiare e accumulare energia tra i cittadini. In questo modo quindi tutti, famiglie, condomini, stabilimenti produttivi, cooperative, possono produrre e consumare l’energia che producono. Come? Installando impianti fotovoltaici, o altri impianti capaci di produrre energia  da fonti rinnovabili nelle proprie abitazioni o stabilimenti

Comunità energetiche vantaggi

Condomini, cooperative, industrie e comuni sono tutti soggetti che potrebbero trarre degli enormi vantaggi dal far parte di una comunità energetica dal momento che potrebbero beneficiare dalla produzione e condivisione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.

Ecco perché abbiamo cercato di riassumere i principali comunità energetiche vantaggi in questa tabella qui di seguito:

Ambientali Uno dei vantaggi principali delle comunità energetiche riguarda l’ambiente che ci circonda. I membri di una C.E., utilizzando l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili, contribuiscono all’abbattimento della quantità di CO2 in atmosfera.
Sociali L’energia prodotta da fonti rinnovabili viene condivisa tra i cittadini membri della Comunità Energetica secondo un vero e proprio spirito comunitario.
Comunità energetiche vantaggi economici I vantaggi economici delle comunità energetiche sono da individuare soprattutto nel fatto che queste associazioni contribuiscono all’indipendenza energetica del paese. In questo modo ci sarà sempre meno necessità di “importare energia” dall’estero.
Risparmio in bolletta Grazie alla distribuzione dell’energia autoprodotta fra i membri della comunità energetica quest’ultima potrà essere alleggerita dei costi di distribuzione dell’energia e degli altri oneri tipici dei fornitori di energia. Così è possibile abbattere notevolmente i costi in bolletta.

Come hai avuto modo di vedere far parte delle comunità energetiche potrebbe farti ottenere molti vantaggi, soprattutto economici. Basta pensare che esiste una una ricerca del Politecnico di Milano che quantifica il giro di affari legato alle comunità energetiche in 29 miliardi di euro. Un giro di affari che quindi potrebbe valere ben 2 punti del PIL nazionale!

Comunità energetiche vantaggi e tariffe incentivanti

Fra i vantaggi del far parte di una Comunità Energetica come Valore Comunity c’è anche quello di poter godere di particolari tariffe incentivanti sul consumo di energia. Queste tariffe sono diverse in base alla tipologia di iscrizione alla Comunità Energetica. E’ infatti possibile iscriversi ad una C.E. come:

  1. Soggetto produttore;
  2. Soggetti consumatori.
I benefici per i produttori

Coloro che entrano a far parte della comunità come soggetti produttori possono godere di più comunità energetiche vantaggi. Il primo di questi vantaggi è quello di poter accedere alla tariffa incentivante riportata qui di seguito:

  1. 100 €/MWh se l’impianto di produzione fa parte di una configurazione di autoconsumo collettivo;
  2. 110 €/MWh se l’impianto fa parte di una comunità energetica rinnovabile.

Sarà inoltre possibile remunerare l’energia immessa nella C.E. ottenendo il Prezzo Zonale Orario, pertanto la somma dei benefici varia ammonta a circa 0,16 cent di Euro per kWh.

I benefici per i consumatori

Ci sono vantaggi economici anche per coloro che invece partecipano alla Comunità Energetica come consumatori ovvero per coloro che non possiedono un impianto fotovoltaicoARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) ha infatti definito la restituzione in bolletta di alcuni importi a fronte dell’evitata trasmissione dell’energia nella rete nazionale. Questi importi ammontano ad una cifra compresa tra gli 8 ed i 10 Cent di Euro per ogni kWh.

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Le comunità energetiche nei condomini

Comunità energetiche nei condomini. Un esempio pratico di come il concetto di autoconsumo collettivo possa essere applicato ai singoli edifici

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Se sei un lettore del blog di Valore Comunity, avrai già avuto modo di comprendere, magari tramite la nostra guida, cosa siano e come funzionano le Comunità Energetiche Rinnovabili.

D’altronde, dopo l’entrata in vigore del decreto Milleproroghe, è bene conoscere il più possibile sulle tipologie di configurazioni che possono essere considerate comunità energetiche. Il decreto infatti ne introduce due: una rivolta all’autoconsumo collettivo che include le comunità energetiche nei condomini e centri commerciali, ed una elativa alle Energy Communities (via di una grande città, quartiere di un paese).

La possibilità di creare delle comunità energetiche all’interno dei condomini, in particolare, è molto allettante. Si tratta infatti dell’opportunità di produrre e consumare l’energia elettrica necessaria al fabbisogno degli appartamenti del palazzo tramite dei pannelli fotovoltaici posti sul tetto dell’edificio. L’energia prodotta in questo modo infatti verrebbe redistribuita fra gli tra gli inquilini o immessa in rete e venduta quando è prodotta in eccesso rispetto al consumo. Grazie alle comunità energetiche nei condomini è quindi possibile, per gli inquilini avere un notevole risparmio in bolletta!

Ma cosa si intende di preciso per le comunità energetiche nei condomini? Qual’è il quadro normativo che le regolamenta?

Abbiamo cercato di fare il punto della situazione insieme ai nostri esperti in questo approfondimento. Continua a leggere per scoprire di più!

Cosa sono le comunità energetiche?

Le comunità energetiche sono di fatto delle associazioni. Produttori di energia e consumatori (che siano gruppi di persone o aziende) si associano per produrre, immagazzinare e vendere energia elettrica che viene prodotta da fonti rinnovabili.

Un esempio di ciò possono essere le comunità energetiche nei condomini. Gli abitanti di un condominio infatti possono avere la facoltà di associarsi tra di loro e creare una Comunità Energetica Rinnovabile. Possono infatti produrre energia elettrica attraverso un impianto fotovoltaico installato direttamente sul tetto dell’edificio. Energia che poi verrà distribuita fra gli inquilini del palazzo e che, se sarà maggiore del fabbisogno potrà essere ceduta immettendola in rete.

Possono far parte di una C.E. persone, PMI, o autorità locali come le Amministrazioni Comunali. L’importante è che l’obiettivo principale di una C.E. sia quello di fornire benefici ambientali, economici e sociali ai membri della comunità in cui è attiva.

Condominio e autoconsumo collettivo

Le Direttive Europee sulle comunità energetiche hanno previsto 4 modelli diversi di autoconsumo collettivo. Quello che però riguarda le comunità energetiche nei condomini è disciplinato dall’art. 21della RED II. Questo articolo infatti è rivolto in maniera specifica ai consumatori che sono ubicati in uno stesso edificio in cui sono presenti un più impianti alimentati ad energia rinnovabile.

Il sistema dell’autoconsumo si inserisce infatti in un contesto in cui è già presente una comunità sociale e un amministratore di condominio. In questo modo è infatti possibile gestire i rapporti tra i membri della comunità energetica del condominio auto-consumatori, e coloro che di fatto amministrano l’impianto come soggetti terzi, ad esempio le ESCO.

I beneficiari delle comunità energetiche nei condomini

I beneficiari delle comunità energetiche nei condomini possono essere davvero tanti. Non essendoci particolari restrizioni (solo 2) in merito infatti i beneficiari possono essere in pratica tutti i soggetti che per un motivo o per un altro sono condòmini del palazzo. In particolare questi soggetti possono essere i seguenti:

  • nuclei familiari;
  • uffici;
  • negozi;
  • bar e ristoranti;
  • hotel.

Le uniche condizioni da rispettare per far parte di comunità energetiche nei condomini sono due e sono semplici da rispettare:

  1. i membri del collettivo di auto-consumatori devono utilizzare un impianto che sia nello stesso edificio in cui si trovano,
  2. l’impianto che utilizzano deve essere alimentato da fonti rinnovabili (fotovoltaico) e non deve superare i 200 kW di potenza.

Il portale autoconsumo del gse

Con la proroga del decreto Milleproroghe e la ricezione parziale della Direttiva Europea RED II anche l’Italia è pronta per le comunità energetiche nei condomini e non.

Tanto che per valutare se far parte di una C.E.R. è davvero conveniente e vantaggioso è stato messo a disposizione un portale dell’autoconsumo da parte del GSE. Attraverso la piattaforma è possibile effettuare una simulazione delle spese per capire se ricorrere a questa soluzione è a tutti gli effetti oppure no. Per farlo dovrai però specificare la categoria di appartenenza (privati/condomini, imprese, Pa) e ad altre informazioni.

All’interno del portale è inoltre presente una guida all’autoconsumo che contiene tutte le informazioni necessarie sui benefici delle comunità energetiche nei condomini, ma anche per i privati e le imprese.

Benefici delle comunità energetiche

Il primo beneficio che i membri di una comunità energetica di un condominio possono ottenere è la drastica riduzione dei costi di distribuzione e trasporto dell’energia. Un fattore che pesa mediamente intorno al 25%, circa un quarto, del costo della bolletta. Questo perché di fatto la produzione di energia ed il consumo della stessa avvengono di fatto in pochi metri. Fattore che contribuisce anche a ridurre di molto le perdite dovuto al trasporto su lunghe distanze.

In particolare, sempre in termini di benefici economici, sono previste anche delle tariffe incentivanti per i membri di una C.E. L’energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico inserito in una comunità energetica in un condominio, ha diritto per 20 anni ad una tariffa premio di 100 €/MWh o di 110 €/MWh secondo la tipologia dell’impianto. A questo si vanno a sommare il bonus per il ritiro dedicato (RID) su tutta l’energia immessa in rete, pari a circa 0,05 €/kWh e la restituzione dei costi di trasmissione e degli oneri non goduti, indicativamente di 0,01€/kWh. In pratica i soggetti produttori di energia possono avere fino ad uno sconto di 0,16 € per KW e quelli consumatori di 0,10 € per KW.

Le imprese, i cittadini e gli enti locali passerebbero da uno stato in cui sono solo consumatori di energia, ad uno stato in cui diventerebbero prosumer. Il mercato, oggi centralizzato e basato su grandi impianti produttivi subirebbe un mutamento sostanziale diventando un mercato distribuito e composto da grandi e piccoli impianti.

Inoltre, gli impianti fotovoltaici non hanno parti in movimento. Pertanto non sono soggetti a usura come invece lo sono impianti eolici, e non necessitano quindi di una manutenzione eccessiva. Certo, è comunque necessario pulirli e sostituirli dopo 20-25 anni. Di fatto però queste sono le uniche contraddizioni di una tecnologia che è sempre più efficiente.

I soggetti che si associano per la creazione di una comunità energetica mantengono i propri diritti di consumatore finale, tra cui quello di scegliere il proprio fornitore di energia elettrica.

Prospettive future delle comunità energetiche condomini

Il totale recepimento delle Direttive Europee, anziché parziale, può senza dubbio migliorare fortemente la situazione attuale delle comunità energetiche. Ad esempio, la Direttiva RED II che si rivolge specificatamente alle comunità energetiche nei condomini, se verrà recepita in toto, potrà permettere un ampliamento dei limiti che riguardano il perimetro, i membri e la taglia degli impianti che possono accedere a queste configurazioni.

Il potenziale di diffusione di questo tipo di progetto è a dir poco enorme. Basandoci infatti sui sui dati ISTAT per gli edifici ad uso residenziale, tenendo conto dell’orientamento, della superficie disponibile e di eventuali vincoli ed ipotizzando un’aderenza del 20-30% si potrebbero ottenere dalle comunità energetiche nei condomini dai 6 ai 9 GW tra il 2021 ed il 2030.

Se vuoi saperne di più sulle comunità energetiche nei condomini compila il modulo che trovi in questa pagina con i tuoi dati!

Chi sono i soggetti produttori di energia e quelli consumatori di una Comunità Energetica?

All’interno di una comunità energetica esistono due tipi di soggetti: produttori di energia e consumatori. Chi sono? Qual’è la differenza?

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Una delle sfide più urgenti della contemporaneità è quella che riguarda la transizione verso modi di produzione e consumi più sostenibili. Sono sempre di più infatti le persone consce dei drammatici effetti che i cambiamenti climatici stanno portando al pianeta in cui viviamo. Uno dei modi per cui è possibile fin da subito consumare in maniera sostenibili riguarda il consumo di energia elettrica.

Grazie alle comunità energetiche rinnovabili è infatti possibile unire più cittadini che sono al tempo stesso produttori di energia che consumatori. La comunità europea ha infatti deliberato che i cittadini europei dovranno ridurre sensibilmente le proprie emissioni di anidride carbonica. Si stima che infatti che potrebbero passare passare da semplici consumatori di energia a dei veri e propri prosumer di energia circa 264 milioni di cittadini europei soddisfacendo il 45% del fabbisogno totale.

Ma cosa s’intende per prosumer?

Il prosumer è l’utente che non si limita al ruolo passivo di consumatore (consumer), ma partecipa attivamente alle diverse fasi del processo produttivo (producer). In pratica, il prosumer è colui che possiede un proprio impianto di produzione di energia, e  che consuma una parte dell’energia che produce. Se il prosumer fa parte di una comunità energetica, la parte di energia che non consuma sarà invece messa a disposizione degli altri consumatori e produttori di energia che fanno parte della comunità.

Per il momento forse è bene fermarci qui. Abbiamo già introdotto diversi concetti che a nostro avviso meritano di essere approfonditi. Inutile infatti parlare di soggetti produttori di energia e soggetti consumatori se prima non è stato introdotto il concetto di comunità energetica rinnovabile. Concetti di cui parleremo nei prossimi paragrafi qui di seguito.

Cosa sono le comunità energetiche

Le CER, acronimo di comunità di energia rinnovabile, sono di fatto dei soggetti indipendenti, da un punto di vista legale, in quanto sono delle associazioni di più membri. I soci possono essere PMI, amministrazioni comunali, autorità locali o persone fisiche. La peculiarità di questa associazione è però che l’insieme delle utenze di coloro che fanno parte di questa associazione è amministrato come se fosse un unico grande ecosistema.

Questi soggetti si associano con un obiettivo comune: quello dell’autoproduzione di energia.. L’energia prodotta dagli impianti che fanno parte della C.E. viene condivisa con gli altri membri della comunità. Membri che, è bene specificarlo, non sempre hanno un impianto di produzione dell’energia da fonti rinnovabili. E’ per questo motivo infatti che esistono due tipi di soggetti che possono far parte di una comunità energetica: i soggetti produttori di energia e quelli consumatori.

In altri termini, l’obiettivo principale delle comunità energetiche è di apportare benefici economici, sociali ed ambientali a coloro che ne fanno parte. 

Cos’è l’autoconsumo collettivo

Prima di analizzare la differenza in dettaglio fra i produttori di energia e coloro che invece la consumano e basta è necessario anche introdurre il concetto di autoconsumo collettivo dell’energia.

Con autoconsumo collettivo si intende l’unione tra residenti o cittadini del medesimo condominio o di strutture confinati che producono, immagazzinano e consumano questa energia.

Questa possibilità è stata introdotta dal Decreto Milleproroghe che permette la possibilità di installare impianti di autoproduzione di piccola taglia, con una capacità massima di 200 kW. Tuttavia è stata poi ARERA, ovvero l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente, a rendere effettivo il piano di attivazione delle comunità energetiche. Quest’ultima ha anche, tra le altre cose, individuato i soggetti produttori di energia e quelli consumatori, prevedendo diversi benefici economici o tariffe incentivanti a seconda della categoria.

Soggetti produttori di energia e consumatori: chi sono?

Da quanto abbiamo scritto fino a questo momento emerge che, a prescindere dal loro status giuridico, i membri di una comunità energetica possono essere suddivisi in due tipologie:

  1. Soggetti produttori di energia;
  2. consumatori di energia.

In particolare, i soggetti produttori di energia, sono coloro che abbiamo definito precedentemente come prosumer. Costoro infatti possiedono un impianto di produzione dell’energia da fonti rinnovabili, fotovoltaico, e tramite esso sono in grado di produrre energia durante le ore diurne. Ovviamente, l’impianto di solito produce più energia di quanto il possessore ne riesce a consumare. L’energia in eccesso viene quindi stoccata in apposite batterie di accumulo e distribuita fra i membri della comunità che ne hanno bisogno. Di fatto quindi i produttori di energia sono coloro che possiedono gli impianti fotovoltaici in grado di soddisfare il fabbisogno di energia dei membri della comunità di cui fanno parte.

I soggetti consumatori di energia invece non possiedono un impianto a fonti rinnovabili in grado di produrre energia. Si limitano quindi a consumare quella che producono i soggetti produttori di energia. Tuttavia, l’energia prodotta da questi ultimi, non viene immessa nella rete elettrica nazionale e distribuita tramite essa. Di fatto, l’energia che producono rimane in una zona circoscritta, ovvero quella dei membri appartenenti alla comunità. In questo modo non può essere caricata degli oneri di distribuzione dell’energia e quindi i consumatori potranno godere di una tariffa incentivante.

Le tariffe incentivanti per i produttori di energia e per i consumatori

Grazie al decreto del 16 settembre 2020 vengono individuate le tariffe incentivanti per l’energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili. Vengono quindi individuate le tariffe dell’energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico inserito all’interno di in una comunità energetica.

I soggetti che fanno parte di una Comunità Energetica hanno infatti diritto per 20 anni ad una tariffa premio di 100 €/MWh o di 110 €/MWh ovvero di 10-11 centesimi di Euro per KW/h. Questa tariffa incentivante che quindi è valida per tutti i soggetti consumatori di energia, forte del fatto che non deve essere caricata degli oneri di distribuzione dell’energia.

Tuttavia, per i soggetti produttori di energia, i vantaggi non finiscono qui. A quanto riportato qui sopra infatti devono essere aggiunti il bonus per il ritiro dedicato (RID) su tutta l’energia immessa in rete, la restituzione dei costi di trasmissione e degli oneri non goduti. Sommando tutti i benefici costoro possono arrivare ad avere fino ad uno sconto di 0,16 € per KW.

Merita a questo punto aprire una breve parentesi sui vantaggi del far parte di una comunità energetica. Per farne parte infatti non è necessario installare un impianto fotovoltaico. Per usufruire di tutti i benefici basta entrare in una C.E.R. già strutturata! Un bel vantaggio visto che quindi non è necessario sostenere investimenti onerosi per l’installazione di un impianto fotovoltaico.

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Valore Comunity, la comunità energetica rinnovabile di Solar Cash srl, nasce proprio per un preciso scopo: quello di offrire ai nostri clienti un’opportunità unica in termini di risparmio sulla propria bolletta dell’energia.

I membri della comunità energetica Valore Comunity possono infatti beneficiare di una tariffa incentivante che cambia in base alla tipologia di soggetto: i soggetti produttori di energia ed i soggetti consumatori.

Il vero vantaggio di entrare a far parte di Valore Comunity è che non non dovrai preoccuparti di nulla. Saremo noi a gestire tutta la contabilità e le questioni amministrative in maniera chiara e trasparente. In questo modo potremo dare forma ai vostri progetti e darvi la possibilità di godere degli incentivi statali. Ogni partecipante riceverà un report mensile ed annuale per consentirvi una verifica di tutte le somme erogate. Ultimo ma non per importanza comunicheremo agli enti competenti mensilmente ed annualmente ogni report o documento indispensabile per mantenere negli anni gli incentivi.

Pertanto…. Cosa aspetti ad entrare a far parte di Valore Comunity? 

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Cosa sono i gruppi di autoconsumatori di energia?

Cosa sono i gruppi di autoconsumatori di energia? Qual’è la differenza con le comunità energetiche?

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Da oramai un po’ di tempo a questa parte anche in Italia è possibile per cittadini, attività commerciali ed imprese, enti territoriali ed autorità locali, unirsi per produrre e condividere l’energia elettrica che producono da fonti rinnovabili.

Ma come possono farlo?

Semplice, formando dei gruppi di autoconsumo collettivo o comunità energetiche rinnovabili. Lo scopo di questi gruppi di auto-consumatori è infatti quello di produrre energia tramite impianti ad energia rinnovabile e di condividere questa energia. Condividendo l’energia, i membri di questi gruppi di autoconsumatori, possono beneficiare di diversi vantaggi economici. Vantaggi che vanno a sommarsi agli incentivi per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

In queste pagine abbiamo già trattato in maniera esaustiva il concetto di comunità energetica rinnovabile (ad esempio qui). In questo approfondimento abbiamo quindi deciso di approfondire il concetto di di gruppi di autoconsumatori di energia, un concetto che è molto simile a quello delle C.E.R.

Il quadro normativo e le configurazioni ammesse per l’autoconsumo di energia

Come abbiamo visto i clienti finali, ovvero coloro che consumano energia elettrica, possono associarsi fra di loro. L’associazione deve avere l’obiettivo di produrre in loco energia da fonti rinnovabili, energia necessaria al proprio fabbisogno, condividendola fra i loro membri. Ciò è possibile grazie all’entrata in vigore del decreto-legge 162/19 (articolo 42bis) e dei relativi provvedimenti attuativi, quali la delibera 318/2020/R dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MiSE.

L’energia che i gruppi di auto-consumatori o i membri di una comunità energetica condividono fra di loro beneficia di un contributo economico riconosciuto dal GSE a seguito dell’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione. Per beneficiare di questi contributi l’energia condivisa de essere pari al minimo, su base oraria, tra l’energia elettrica immessa in rete dagli impianti di produzione e l’energia elettrica prelevata dai consumatori che rilevano per la configurazione.

Per accedere alle cosiddette tariffe incentivanti, il GSE ha anche pubblicato le “Regole tecniche per l’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa“.

Gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile e comunità energetiche

Due sono le tipologie di configurazione ammesse al servizio:

  • gruppi di auto-consumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente;
  • comunità di energia rinnovabile.

Ma cosa sono queste due configurazioni? Qual’è la loro differenza?

Gruppi di autoconsumatori

Innanzitutto con gruppo di auto-consumatori di energia rinnovabile si intende un un insieme di almeno due auto-consumatori che agiscono collettivamente in virtù di un accordo privato. Inoltre, questi auto-consumatori devono trovarsi all’interno dello stesso condominio o edificio.

Con il termine auto-consumatore si intende invece un cliente finale che utilizza un impianto ad energie rinnovabili e che utilizza l’energia che l’impianto produce per il proprio consumo. Inoltre costui può anche, tramite batterie di accumulo, immagazzinare o vendere questa energia che si produce da solo, a patto che questa attività non costituisca l’attività commerciale o professionale principale.

La proprietà dell’impianto in questione non deve essere di proprietà del soggetto auto-consumatore ma, proprietà e gestione possono essere affidate anche ad un soggetto terzo. L’importante è questo soggetto segua le istruzioni dell’autoconsumatore di energia rinnovabile. L’auto-consumatore di energia rinnovabile può realizzare, in autonomia o congiuntamente a un produttore terzo, una configurazione di SEU o ASAP ai sensi del TISSPC, nel rispetto delle relative definizioni.

La comunità energetica

Una comunità energetica o comunità di energia rinnovabile è un soggetto giuridico che:

  • si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità di energia rinnovabile;
  • i cui azionisti o membri sono persone fisiche, piccole e medie imprese (PMI), enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali. Tuttavia per le imprese private, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non deve costituire l’attività commerciale e/o industriale principale;
  • il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a ai propri membri o alle aree locali in cui opera.
  • non deve avere come obiettivo la generazione di profitti finanziari.

Fare parte di una comunità energetica

Creare una comunità energetica (come spieghiamo qui) non è affatto semplice. Per questo la cosa migliore è affidarti a Comunità Energetiche che fanno capo ad associazioni già esistenti come noi di Valore Comunity.

I vantaggi sono innumerevoli, non solo dal punto di vista economico con l’accesso alle tariffe incentivanti ed un valido supporto nell’ottenimento delle detrazioni per gli impianti ad energia rinnovabile. I vantaggi principali riguardano anche il fatto che non dovrai perderti fra inutili lungaggini burocratiche.

Cosa aspetti quindi?

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Guida: come creare una comunità energetica

Come creare una comunità energetica che funziona, una semplice guida a cura di Valore Comunity

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Le comunità energetiche, o comunità di energia rinnovabile sono uno strumento potentissimo che permette a qualsiasi cittadino di ottenere dei vantaggi economici. Tutti possono far parte di una comunità energetica, a prescindere dal proprio livello di reddito, dando così un contributo alla riduzione dei costi per la transizione energetica.

Ciò è possibile perché di fatto la comunità energetica permette a tutti i suoi soci di consumare localmente l’energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili dei suoi membri. Coloro che fanno parte di una C.E. hanno quindi l’innegabile vantaggio di spendere meno in bolletta. I membri di una C.E.R. infatti possono beneficiare di incentivi e restituzione di componenti della bolletta che derivano dal fatto di consumare localmente l’energia prodotta dalla comunità.

Se ti stai chiedendo come creare una comunità energetica devi sapere che innanzitutto è necessario conoscere la normativa in materia. A questo proposito infatti esiste solo una disciplina sperimentale stabilita dall’Articolo 42 bis del decreto legge 30 Dicembre 2019, n. 162 e dall’articolo 119 del Decreto legge 34 del 2020. La disciplina in questione rimarrà valida sino all’attuazione delle direttive europee in materia di fonti rinnovabili e mercato elettrico, disciplina che andrà a normare la disciplina a regime delle comunità energetiche.

Ma come creare una Comunità Energetica? Quali sono i passi da seguire?

Abbiamo interpellato i nostri esperti con i quali abbiamo cercato di redigere questa semplice guida su come creare una comunità energetica. Continua a leggere per scoprirlo!

1. Come creare una comunità energetica: individuazione dell’area degli impianti e degli utenti

L’iniziativa per dare vita ad una comunità energetica rinnovabile può partire da qualsiasi soggetto pubblico o privato. Ciò significa che, anche semplici cittadini che abitano nello stesso quartiere, se sono a conoscenza di come creare una comunità energetica, possono farlo. La normativa vigente infatti individua come potenziali membri di una comunità energetica l’insieme di soggetti che sono collegati in bassa tensione nel perimetro sottostante alla stessa cabina secondaria BT/MT.

Fatta questa doverosa premessa è il momento di indicare il primo passo da compiere per creare una comunità energetica. La prima cosa da fare è individuare l’area in cui si intende installare l’impianto di produzione o gli impianti della comunità. Tuttavia, accanto a questa operazione è indispensabile portarne a termine un’altra. E’ infatti necessario valutare quali sono i membri della comunità che possono rientrare all’interno del perimetro dell’impianto.

Sapere come creare una comunità energetica significa anche raccogliere, da tutti i potenziali membri della comunità, il loro consenso al trattamento dei dati ed i loro numeri di fornitura (pod). Si tratta di un’operazione preliminare che serve anche ad interrogare il distributore in modo appropriato affinché sia possibile sapere quali sono i soggetti che rientrano nel perimetro della comunità. Per questa operazione è necessario mettere in conto circa 10 giorni lavorativi.

2. La costituzione del soggetto giuridico

ll passo successivo della nostra guida su “Come creare una comunità energetica” riguarda la costituzione del soggetto giuridico al quale si appoggia una comunità energetica.

Da tenere presente in questa fase è il fatto che lo scopo della comunità non può essere il profitto finanziario, pertanto i soggetti giuridici che fanno Capo ad una C.E. sono sostanzialmente associazioni non riconosciute. Questo tipo di associazione può infatti essere costituito con un semplice contratto registrato fiscalmente. Inoltre i costi di gestione ed i relativi adempimenti organizzativi sono davvero bassi e semplici. Ovviamente, dal momento che l’associazione non deve avere scopo di profitto, è possibile anche creare una cooperativa.

Una volta creata l’associazione, dovrà essere approvato il suo statuto. Questo dovrà consentire in modo non discriminatorio la associazione alla comunità di tutti quei soggetti che siano interessati a partecipare e abbiano i requisiti. Le comunità energetiche infatti sono caratterizzate dalla loro struttura aperta pertanto non possono porre come barriera d’ingresso impegni di finanziamento o gravosi costi di iscrizione.

3. Come creare una comunità energetica: acquisizione della disponibilità degli impianti

Il successivo step su come creare una comunità energetica della nostra guida riguarda l’acquisizione della disponibilità degli impianti da utilizzare per la condivisione di energia.

Come dicevamo poco fa, la comunità non può imporre quote di accesso da qui trarre finanziamento. In sostanza la comunità energetica non ha risorse finanziare per auto finanziarsi attraverso contributi diretti dei membri. Per questo motivo le C.E. dovranno garantirsi il finanziamento attraverso terzi soggetti.

A questo proposito le modalità di finanziamento più frequenti sono quelle che prevedono il convenzionamento con il Comune o altri enti territoriali tramite finanziamenti statali agevolati. Accanto a queste modalità però c’è anche la possibilità di ricorrere ad un convenzionamento con soggetti privati.

4. le detrazioni fiscali

Gli incentivi per la comunità energetica inoltre sono compatibili con altri strumenti di supporto come ad esempio contributi vari o detrazioni fiscali per impianti a fonti rinnovabili 50%. E’ possibile beneficiare di tali strumenti se l’impianto è di proprietà della comunità o di soggetti privati che aderiscono alla comunità. In quest’ultimo caso saranno costoro a beneficiare della detrazione fiscale.

Va inoltre precisato che la proprietà dell’impianto può anche essere di un soggetto terzo alla C.E.. Costoro possono comunque usufruire delle detrazioni fiscali previste a patto di aderire alla C.E. pertanto possono decidere di beneficiare della detrazione anche tramite credito d’imposta o sconto in fattura finanziando un importo minore.

Costoro metteranno al servizio della comunità il proprio impianto e l’energia non auto-consumata dal proprietario che l’impianto immetterà in rete. Potranno inoltre auto-consumare l’energia che produce il proprio impianto riducendo i propri consumi e quindi anche le proprie bollette, di fatto usufruiranno quindi di un doppio vantaggio.

5. Come crearea una comunità energetica: Le tariffe incentivanti per i membri

Una volta che gli impianti ad energia rinnovabile sono in funzione, le C.E. possono fare istanza al GSE per ottenere l’applicazione delle tariffe incentivanti. Queste non sono altro che tariffe ridotte sul consumo di energia prodotta e condivisa all’interno della comunità e consumata dai suoi membri.

Per accedere all’incentivo occorre che la produzione in una determinata fascia oraria corrisponda al consumo di energia da parte dei membri della comunità. Se la produzione supera i consumi, alla C.E. verrà riconosciuto solamente il valore dell’energia senza incentivi o altri benefici.

Per l’energia condivisa alla comunità sarà corrisposto dal GSE un importo pari a circa tre volte il valore dell’energia venduta all’ingrosso. La comunità potrà poi condividere fra i membri tali ricavi. La ripartizione di tali ricavi è individuata dallo statuto di ogni comunità energetica. Anche noi di Valore Energia ne abbiamo uno, leggilo qui!

Limiti delle C.E.

Secondo la normativa sperimentale che disciplina le comunità energetiche, gli impianti che fanno parte delle stesse devono essere alimentati a fonte rinnovabile ma soprattutto devono essere connessi in bassa tensione. Ciò significa che la potenza di questi impianto non potrò superare i 100kW.

Come creare una comunità energetica: conclusione

Come hai appena avuto modo di leggere in questa guida su come creare una comunità energetica, il procedimento non è affatto semplice. Per questo la cosa migliore è affidarti a Comunità Energetiche che fanno capo ad associazioni già esistenti e già presenti nel mercato come noi di Valore Comunity.

I vantaggi sono innumerevoli, non solo dal punto di vista economico con l’accesso alle tariffe incentivanti ed un valido supporto nell’ottenimento delle detrazioni per gli impianti ad energia rinnovabile. I vantaggi principali riguardano anche il fatto che non dovrai perderti fra inutili lungaggini burocratiche.

Cosa aspetti quindi?

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