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Le comunità energetiche rinnovabili per la transizione ecologica

Le comunità energetiche rinnovabili sono la soluzione da adottare per superare lo stallo della transizione ecologica

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La guerra in Ucraina ha portato il tema dell’energia prepotentemente alla ribalta in questi ultimo periodo. Il conflitto fra le forze armate della Russia e quelle Ucraine ha infatti avuto l’effetto di provocare un netto innalzamento dei prezzi del gas e di conseguenza anche dell’energia. D’altronde la Russia è il principale esportatore di metano nel mondo pertanto è inevitabile che il conflitto non abbia conseguenze in tal senso.

A pagare le conseguenze di tutta questa situazione, sono le persone normali come te, oppure le imprese. Sono in molti infatti a trovarsi in difficoltà a pagare le bollette dell’energia con gli aumenti che si sono verificati. Aumenti che in alcuni casi arrivano anche al 98%.

Ovviamente in questa situazione sono molti a cercare un modo per risparmiare sulle proprie spese energetiche. Un modo che esiste e che oltre all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili prevede anche l’entrata in vigore delle comunità energetiche rinnovabili. A dire il vero, il tema delle comunità energetiche rinnovabili, è stato introdotto nel 2019 grazie al pacchetto UE “Energia pulita per tutti gli europei”. Misure che sono state recepite, anche se in maniera sperimentale dal momento che è stata aperta la possibilità per i cittadini di associarsi per produrre energia da fonti rinnovabili.

Ma che cosa sono le comunità energetiche rinnovabili? Che ruolo possono avere nella transizione energetica? E a che punto siamo nella loro implementazione a circa due anni dall’introduzione?

Abbiamo cercato di fare il punto della situazione sulle comunità energetiche rinnovabili con i nostri esperti cercando anche di spiegare perché sono fondamentali nel processo di transizione ecologica italiano.

Comunità energetiche rinnovabili: cosa sono?

Le comunità energetiche rinnovabili prevedono la possibilità, per i cittadini, di associarsi con l’obiettivo di produrre, consumare o cedere energia che loro stessi producono da fonti rinnovabili. Le fonti di produzione possono essere le più disparate come ad esempio il fotovoltaico, l’eolico o il micro-idroelettrico.

A dire il vero possiamo già affermare che le fonti di produzione dell’energia che si svilupperanno di più sono quelle legate al fotovoltaico. E’ infatti palese come i cittadini e le imprese cerchino di sfruttare il più possibile le superfici inutilizzate dei loro edifici come ad esempio i tetti, i tetti dei capannoni industriali, oppure le aree dismesse di loro proprietà.

Il concetto alla base delle comunità energetiche rinnovabili è un concetto che quindi si basa sul buon senso che però, prima del recepimento delle normative, almeno in Italia, era vietato. Nonostante questo alcune comunità, simili a quelle di cui parliamo in questo approfondimento, sono sempre esistite in Italia. Comunità che, come ad esempio quelle locate nelle zone dell’arco alpino, ritenute non profittevoli all’allaccio, hanno permesso di abbattere i costi anche del 40-50% delle bollette.

Queste comunità, dopo il grande interesse che si sta generando attorno alle rinnovabili, stanno tornando sempre più alla ribalta. Grazie alla nuova normativa si è infatti aperta una nuova fase che permette in maniera facile e piuttosto efficiente di realizzare nuove comunità energetiche in cui cittadini, amministrazioni e imprese possono consociarsi per produrre energia pulita. Uno studio di Enel-Ambrosetti prevede 35mila comunità energetiche nel nostro paese entro il 2030.

Dall’individuo alla collettività

Uno degli aspetti più innovativi delle comunità energetiche rinnovabili è il passaggio dall’individuo alla collettività e che si rifletterà per forza di cose anche sull’architettura delle reti.

Questo cambio di paradigma deve però essere supportato anche da un’adeguata comunicazione oltre che da azioni politiche congrue. Non è più l’individuo da solo a cambiare le cose ma l’insieme di individui che ha un potere maggiore di cambiare le cose. Quindi non basta più incentivare l’installazione di impianti a fonti rinnovabili sulle singole utenze domestiche, è necessario anche collegare fra di loro queste utenze e metterle in rete. L’autoconsumo di energia non deve più essere esclusivamente rivolto ai singoli, ma alle comunità, con evidenti vantaggi.

Così facendo, non solo i cittadini potrebbero trarne giovamento, ma si andrebbe incontro ad una vera e propria rivoluzione delle reti di distribuzione dell’energia. Non ci sarà più un unico distributore di energia verso molte utenze, ma ci saranno tante piccole reti all’interno delle quali i membri produrranno e condivideranno energia per il loro fabbisogno, senza quindi sfruttare la rete di distribuzione nazionale.

La sfida delle comunità energetiche rinnovabili è quindi quella, in un’epoca di di forte individualismo, di rimettere al centro la società come il vero motore della transizione ecologica. Certo le difficoltà non sono poche, eppure, se questa opportunità verrà sfruttata adeguatamente sono molti i vantaggi che se ne potrebbero ricavare.

Aspetti tecnici delle C.E.R.

Come funzionano le comunità energetiche rinnovabili nella pratica?

In questa sede non ci occuperemo di descrivere in maniera specifica i passaggi necessari alla creazione delle comunità energetiche rinnovabili. Se però se interessato a questo aspetto devi sapere che c’è un iter semplificato e poco costoso. Tuttavia, per percorrere questo iter senza intoppi è sempre bene affidarsi a dei professionisti come noi di Valore Comunity che organizzino il tutto.

La normativa che regola le Cer è ancora in fase sperimentale anche se questa fase dovrebbe chiudersi entro giugno 2022. Alcuni aspetti di questa normativa sono migliorabili anche se molto è già stato fatto dopo la ricezione del Decreto RED II (di cui parliamo qui). Possiamo comunque provare a fare un esempio per cercare di spiegare come funzionano le comunità energetiche rinnovabili in poche parole.

Alcuni soggetti, semplici cittadini, imprenditori o enti pubblici decidono di installare degli impianti fotovoltaici per la produzione, consumo e distribuzione di energia. La potenza di tutti questi impianti non deve però superare i 200 kw. Inoltre, questi soggetti devono trovarsi all’interno della stessa cabina di trasformazione di media/bassa tensione.

Durante il giorno, questi impianti, produrranno un quantitativo superiore di energia rispetto a quella effettivamente consumata dai membri della comunità. Energia che può essere immagazzinata all’interno di batterie di accumulo oppure immessa in rete tramite un meccanismo simile allo scambio sul posto. L’energia immagazzinata verrà redistribuita ai membri della comunità in un secondo momento. A questo punto è necessario distinguere in due tipologie i membri delle comunità energetiche rinnovabili: i soggetti produttori, coloro che possiedono un impianto, o i soggetti consumatori, coloro che invece consumano solamente energia.

Entrambi questi soggetti, a seconda della tipologia, possono godere di tariffe incentivanti sul consumo di energia, molto ridotte rispetto all’attuale costo dell’energia elettrica. Ecco perché far parte di una C.E.R. significa risparmiare in bolletta.

Qual’è il ruolo delle comunità energetiche nella transizione ecologica?

Le comunità energetiche rinnovabili sono un’alternativa ai grandi impianti industriali di energie rinnovabili? 

Quella che abbiamo di fronte è una sfida epocale: riuscire a ridurre drasticamente le emissioni di CO2 in 7-8 anni. Non c’è quindi necessita di optare una scelta che esclude una delle due possibilità: la verità è che serve tutto. Servono le comunità energetiche rinnovabili, servono le pale eoliche, servono gli impianti fotovoltaici sui tetti delle proprie case ecc.

L’Italia è la seconda manifattura d’Europa e l’attività manifatturiera ha un bilancio energetico pesante. Non possiamo certo pensare di ridurre la nostra attività manifatturiera quanto piuttosto è necessaria una forte e convinta riconversione delle fonti di energia utilizzate fino a questo momento. Una transizione verso le energie rinnovabili che non può più aspettare anche a causa delle continue oscillazioni del prezzo dei combustibili fossili. Oscillazioni che non fanno altro che gravare sul nostro comparto produttivo già gravemente compromesso dalla pandemia.

In questo contesto, le comunità energetiche rinnovabili possono aiutare i cittadini a uscire da un ruolo passivo e diventare attori consapevoli, partecipi e entusiasti di questo enorme processo su scala globale.

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I prosumer di energia al centro della transizione ecologica

Le comunità energetiche ed i prosumer di energia al centro della transizione ecologica

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Le comunità energetiche, come abbiamo avuto modo di affrontare fra queste pagine, sono di fatto una nuova modalità democratica di partecipazione al mercato dell’energia. Obiettivo di questa nuova modalità è quello di ridurre i consumi e quindi in ultima analisi, i costi dell’energia. Costi che, dato il recente contesto geo-politico non fanno altro che aumentare a vista d’occhio.

Al centro di questa nuova configurazione fa la comparsa un nuovo soggetto: il prosumer di energia (ne parliamo anche qui). Le comunità energetiche infatti si basano sulla produzione e l’auto-consumo di energia da parte con soggetti che si associano fra di loro. Questi soggetti possono essere dei semplici consumatori oppure anche dei prosumer di energia ovvero al tempo stesso produttori e consumatori. L’energia prodotta dagli impianti viene infatti condivisa fra i membri della comunità.

Le comunità energetiche, come approfondiremo tra poco, possono anche comprendere la gestione di parte del sistema energetico, godere di incentivi, sconti in bolletta e contributi del Pnrr per realizzare gli impianti.

Continua a leggere per scoprire di più sulle comunità energetiche e sui prosumer di energia.

Cosa sono le comunità energetiche?

Proviamo a spiegare il concetto di comunità energetica tramite un semplice esempio.

Immaginiamo che alcune famiglie di un piccolo Comune si associno con alcune attività imprenditoriali del territorio e con parte della pubblica amministrazione. L’obiettivo dell’associazione in questione è quello di installare degli impianti fotovoltaici sui tetti dei loro edifici. Trovandosi all’interno dello stesso comune, questi soggetti si troverebbero a condividere la stessa cabina primaria, utilizzando di fatto la stessa porzione di rete “locale” di distribuzione dell’energia. Associandosi fra di loro, questi soggetti, di fatto danno vita ad una comunità energetica. All’interno della comunità è possibile scambiarsi fra di loro l’energia che producono gli impianti fotovoltaici dei soggetti prosumer di energia. In questo modo, i membri della comunità riescono ad ottenere un risparmio non indifferente.

Condividendo l’energia dei prosumer di energia fra tutti i membri della comunità, si attua quello che viene definito come autoconsumo di energia. Ed è evidente come sia possibile auto-consumare questa energia tutte le volte che gli impianti che fanno parte della comunità ne producono abbastanza. Auto-consumare l’energia significa non dover ricorrere a quella distribuita dalla rete elettrica nazionale. Inoltre, questa energia viene distribuita tramite la rete locale, pertanto non sarà caricata degli oneri di distribuzione.

Consumatori e prosumer di energia: tutti i vantaggi delle comunità energetiche

Abbiamo appena accennato ad alcuni vantaggi di cui potrebbero usufruire i membri della comunità, sia per quanto riguarda i soggetti consumatori, sia per quanto riguarda i prosumer di energia. In particolare. i benefici che si possono ottenere dal farne parte sono dei benefici:

  • ambientali, perché si autoproduce energia pulita nel Comune,
  • economici perché non si paga l’energia auto-consumata da case, negozi, fabbriche e scuole quando gli impianti la stanno producendo. Inoltre si ha diritto a una tariffa incentivante per vent’anni (al momento fissata in ben 110 Euro per ogni MWh prodotto) e a ulteriori sconti in bolletta (alcune componenti regolate per un valore stimato in altri 10 Euro circa a MWh).
  • sociali, aggregandosi i membri possono realizzare impianti più grandi e funzionali,
  • rendersi più autonomi rispetto ai grandi fornitori e combattere la povertà energetica.

Precisiamo inoltre che i soggetti che decidono di installare degli impianti fotovoltaici possono comunque accedere a degli strumenti di finanza agevolata. Strumenti che i nostri esperti saranno felici nel consigliarti. Nel PNRR sono infatti previsti fondi dedicati ai finanziamenti a tasso zero per la progettazione e posa in opera degli impianti da parte di operatori del mercato (come le ESCo). Questi soggetti possono anche costruire tali impianti ed “affittarli” alla comunità, ricevendo in cambio un canone.

Chi può partecipare? Chi può diventare un prosumer di energia?

Le comunità energetiche rinnovabili devono essere controllate esclusivamente da persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali (es. comuni), gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale.

La partecipazione è aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili.

Tuttavia, possono prendere parte alle comunità energetiche, anzi è fondamentale che lo facciano, tutti quei soggetti che affittino il proprio tetto, o che possiedano un impianto fotovoltaico in grado di produrre energia. In altre parole, senza prosumer di energia, non esisterebbero le comunità energetiche, ecco perché sono questi soggetti ad essere veramente al centro del progetto della realizzazione delle C.E.R.

Il ruolo delle C.E.R. nella strategia di decarbonizzazione

Nel 2015, a Parigi, si tenne la famosa conferenza Cop21 a cui presero parte tutti gli stati  della Convenzione sui cambiamenti climatici. In quella occasione si fissarono degli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera.

L’anno successivo, l’Unione Europea stabilì i propri obiettivi e la strategia di decarbonizzazione nel CEP. Questi obiettivi e strategie sono ancora oggi contenuti in quello che è diventato noto come il Clean Energy for all European Package (CEP), ovvero un vero e proprio pacchetto di misure da attuare. E’ infatti proprio questo pacchetto ad originare misure come la direttiva si chiama RED II oltre a regolare il mercato interno dell’energia europeo (la direttiva si chiama IEM).

In entrambe le direttive le comunità energetiche occupano un ruolo di spicco. Le direttive in questione sono state attuate, anche se ancora in misura parziale anche in Italia, con una serie di norme, alcune già in vigore, alcune ancora da definire, entro metà giugno 2022.

Quali sviluppi si prevedono?

Entro giugno 2022 quindi, le regole per le comunità energetiche dovrebbero essere completate.

Dopo l’approvazione di queste regole è ragionevole supporre che gli operatori di mercato, soprattutto le ESCo, stimoleranno le comunità locali a creare e gestire delle CER. I soggetti che entreranno a far parte delle CER potranno godere dei benefici di cui abbiamo parlato poco prima, oltre a godere di importanti incentivi. Il Pnrr mette a disposizione 2,2 miliardi di Euro, con l’obiettivo di realizzare almeno 2000 MW, alcuni infatti sostengono che se ne possano realizzare molti di più. Sono inoltre previsti dei finanziamenti a tasso zero che potranno coprire anche il 100% dei costi di realizzazione.

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Comunità energetiche incentivi: in arrivo i finanziamenti a tasso zero!

Comunità energetiche incentivi: in arrivo i finanziamenti a tasso zero per sostenerne lo sviluppo come previsto dal decreto attuativo

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La Commissione Europea ha stimato che per rispettare gli obiettivi individuati dal Green Deal Europeo è necessario investire fortemente nelle energie rinnovabili. Per conseguire questi obietti sarebbe infatti necessario aumentare di 500 GW la produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Sempre per lo stesso motivo la Commissione europea chiede agli stati membri di realizzare almeno il 40% di questo obiettivo entro il 2025.

Ma non si limita a questo. Il Green Deal Europeo prevede anche una Strategia idrogeno che prevede che vengano installati circa 6 GW di capacità di elettrolisi oltre che la produzione ed il trasporto di un milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile, anche in questo caso entro il 2025.

I progetti che abbiamo appena presentato quindi sono progetti che sì, puntano ad incrementare a capacità produttiva di energia da fonti rinnovabili innovative, ma che non prevedono creazione di reti fra i consumatori-produttori. In sostanza, la logica di questi progetti ed obiettivi si basa ancora su di un funzionamento “one to many” anziché su di una logica produzione “peer to peer”.

Proprio per questo motivo, sostenere e prevedere comunità energetiche incentivi, è un passaggio fondamentale per la transizione energetica green in Italia. Sostenere con incentivi le comunità energetiche è fondamentale se vogliamo che anche Italia prendano piede le coalizioni organizzate di utenti che collaborano tra loro per produrre, consumare e gestire energia pulita attraverso uno o più impianti locali.

Ma quali sono questi comunità energetiche incentivi? 

Abbiamo cercato di analizzare queste misure di sostegno in questo approfondimento a cura dei nostri esperti.

Comunità energetiche: obiettivi e peculiarità

Prima di esaminare le comunità energetiche incentivi riteniamo opportuno ricapitolare brevemente le loro peculiarità e le caratteristiche principali.

Innanzitutto dobbiamo precisare che le comunità energetiche possono avere una composizione molto varia visto che possono prendere parte a questa configurazione:

  • cooperative,
  • associazioni senza scopo di lucro,
  • condomini,
  • attività commerciali,
  • imprese,
  • privati cittadini,
  • ecc.

L’obiettivo delle comunità energetiche è solo uno: fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri (ne parliamo anche qui). Ed è proprio grazie all’obiettivo ultimo delle comunità che queste possono contribuire attivamente a promuovere lo sviluppo sostenibile del paese. Le comunità energetiche rinnovabili infatti si fondano sul presupposto che i loro membri non siano solo consumatori di energia, ma siano dei veri e propri prosumer ovvero consumatori e produttori, al tempo stesso. Come? Tramite impianti fotovoltaici in possesso o di proprietà dei loro membri.

Secondo le stime di ENEA, nel 2050 i prosumer saranno ben 264 milioni e produrranno fino al 45% dell’elettricità rinnovabile dell’intera UE. L’investimento previso di 2,2 miliardi di euro, che sfocerà anche in comunità energetiche incentivi, servirà anche ad installare 2.000 MW di nuova capacità di generazione di rete elettrica, grazie a cui verranno prodotti circa 2.500 GWh annui e si ridurranno le emissioni di gas serra di 1,5 milioni di tonnellate.

Prima di attuare quanto appena affermato è però necessario diffondere la sperimentazione dell’auto-produzione ed autoconsumo di energia. Per farlo sarà fondamentale coinvolgere attori come Imprese e Pubbliche amministrazioni oltre che alle famiglie, ovvero tutti quei soggetti con un forte impatto sociale e territoriali. Ad esempio, un piccolo comune, potrebbe essere il soggetto ideale per questo tipo di sperimentazione.

Comunità energetiche incentivi: bonus e contributi a tasso zero

Le risorse previste per gli incentivi comunità energetiche, serviranno anche a finanziare bonus e finanziamenti a tasso zero per la promozione di questi progetti. Il decreto attuativo di tale misura, sul quale sta lavorando il Ministero della Transizione Ecologica dovrà definire più concretamente tempi e modalità di ricorso agli incentivi statali, nonché requisiti di accesso e limiti o casi esclusione.

Facendo un attimo il punto della situazione per capire dove siamo e dove potremo arrivare riportiamo che gli step inseriti nel PNRR prevedono che:

  • i primi contratti per la realizzazione delle comunità energetiche, sia in Europa che in Italia, dovrà avvenire entro dicembre 2025;
  • l’installazione, nelle comunità energetiche dei comuni con meno di 5mila abitanti, di almeno 2 mila MW provenienti da fonti rinnovabili e la produzione di 2.500 Gwh all’anno.

Affinché sia possibile realizzare tutto ciò è però necessario:

  • omogenizzare e semplificare le procedure autorizzative su tutto il territorio nazionale;
  • snellire le procedure di impatto ambientale;
  • condividere a livello regionale di un piano di identificazione e sviluppo di aree adatte a fonti rinnovabili;
  • potenziare gli investimenti privati;
  • incentivare lo sviluppo di meccanismi di accumulo di energia e di investimenti pubblico-privati nel settore.

Si tratta a bene vedere di obiettivi non semplici da realizzare anche se il governo conta di riuscirci entro marzo del 2024. Obiettivi che è necessario raggiungere al più presto, aggiungiamo noi, visto anche il contesto geo-politico internazionale che non ha altri effetti se non quelli di aumentare sempre di più il costo dell’energia.

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Comunità energetiche e superbonus 110

Comunità energetiche e superbonus 110: è possibile accedervi con un condominio?

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La comunità energetiche rinnovabili (di cui parliamo qui) sono un insieme di persone che condividono l’energia che producono i loro pannelli fotovoltaici. Questi impianti fotovoltaici, a patto che possiedano determinate caratteristiche, possono entrare a far parte di una comunità energetica, anche nel caso in cui servano un condominio.

A stabilirlo è la Risoluzione n. 18/E del 12 marzo 2021 dell’Agenzia delle Entrate. In essa sono infatti contenuti i requisiti di accesso al superbonus per gli impianti che fanno parte di comunità energetiche rinnovabili. In particolare i chiarimenti riguardano quelle comunità che sono costituite in forma di enti non commerciali o quelle per cui i condomini aderiscono alle configurazioni individuate dall’articolo 42-bis del Dl n. 162/2019 – il “Milleproroghe 2020”.

Ma i chiarimenti della risoluzione in questione non si limitano a questo. Infatti la risoluzione affronta anche l’argomento degli aspetti fiscali delle somme erogate dal Gestore dei Servizi Energetici ai condomini. In particolare, questi ultimi sono considerati come composti solamente da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni, che aderiscono a tali configurazioni.

Abbiamo cercato di affrontare l’argomento delle comunità energetiche e superbonus 110 qui di seguito.

Cos’è una comunità energetica rinnovabile (o “configurazione”)

Prima però di affrontare l’argomento di comunità energetiche e superbonus 110 riteniamo opportuno ricapitolare gli aspetti principali di queste configurazioni di energia condivisa.

Le comunità energetiche sono sostanzialmente un insieme di persone fisiche che condividono lo scambio di energia pulita tramite l’installazione, ad esempio, di impianti fotovoltaici con accumulo. Questo insieme di persone può anche essere di fatto un condominio i cui condomini decidano singolarmente di aderire alla comunità. In alternativa può anche verificarsi la casistica di una singola abitazione i cui proprietari aderiscano alla configurazione ex art. 42bis, DL 162/2019.

I singoli condomini, o i proprietari dell’abitazione, potrebbero in questi casi, rientrare nel superbonus 110% qualora decidessero di installare impianti fotovoltaici. Ovviamente dovrebbero, in concomitanza, anche effettuare degli interventi trainanti sull’edificio per rispettarne i requisiti. In caso comunque non riescano ad accedere alla maxi-detrazione, questi soggetti potrebbero in ogni caso ottenere la detrazione del 50% prevista per gli impianti fotovoltaici.

La Risoluzione 18 del 12 marzo 2021 su comunità energetiche e superbonus 110

La risoluzione in questione, come abbiamo già avuto modo di anticipare, affronta due argomenti di base:

  • la possibilità di accesso agli incentivi per la riqualificazione energetica degli edifici e la tipologia di detrazione spettante;
  • la tassazione degli incentivi corrisposti dal GSE agli aderenti alle “configurazioni”.

L’Agenzia delle Entrate conferma in primis che gli impianti a fonti rinnovabili gestiti da soggetti che aderiscono alle configurazioni la detrazione del 50% si applica:

  • fino alla soglia di 200 kW;
  • fino a 96.000 euro di spesa massima.

Inoltre l’agenzia ricorda che tale detrazione

“è ripartita in 10 quote annuali di pari importo e nella misura del 50% per le spese sostenute per interventi relativi alla realizzazione, su singole unità immobiliari e su parti comuni, di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia.”

Rimane comunque la possibilità di usufruire dello sconto in fattura o della cessione del credito per i beneficiari di tale detrazione.

Tutto ciò è possibile a patto che venga rispettata una condizione fondamentale. L’impianto installato che usufruisce della detrazione deve infatti servire per soddisfare i bisogni energetici dei componenti della stessa configurazione. In sostanza, l’attività di produzione dell’energia da parte della configurazione non deve costituire svolgimento di attività commerciale abituale.

L’articolo 119 DL 34/2020 ha successivamente innalzato la detrazione al 110% introducendo il Superbonus. Di fatto quindi in caso di installazione di impianti fino a 200 kW da parte di comunità energetiche rinnovabili costituite in forma di enti non commerciali o da parte di condomìni che aderiscono alle configurazioni è possibile ottenere tale detrazione. Specifichiamo che per entrare nelle comunità energetiche e sul superbonus, l’impianto fotovoltaico installato, deve esserlo sugli stessi edifici o strutture pertinenziali di essere connesso alla rete elettrica nazionale.

Le caratteristiche del superbonus

La norma relativa alle comunità energetiche e superbonus 110 introduce però dei diversi parametri per l’accesso al 110%.

La maxi detrazione infatti, in questi casi, spetta su un ammontare delle spese non superiore a 48mila euro ed in ogni caso non deve superare il limite di spesa di 2400 euro per ogni kW di potenza dell’impianto fotovoltaico. Questi limiti di spesa sono inoltre da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di parti importo e in quattro quote per la parte di spesa sostenuta nell’anno 2022.

Inoltre, l’accesso al credito d’imposta del 110% è subordinato alla condizione che l’installazione degli impianti sia eseguita in concomitanza ad uno degli interventi “trainanti”. Inoltre la maxi-detrazione spetta anche per i sistemi di accumulo di energia integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati alle stesse condizioni, negli stessi limiti di importo e ammontare complessivo e comunque nel limite di spesa di 1000 euro per ogni kWh ci capacità del sistema di accumulo.

Gli incentivi del GSE

L’Agenzia delle Entrate inoltre evidenza come l’articolo 42-bis del Milleproroghe 2020 non disciplina la forma giuridica delle configurazioni sperimentali. L’articolo in questione prevede solamente le condizioni alle quali sono subordinate le stesse configurazioni per l’applicazione dello stesso.

In particolare, queste condizioni riguardano i requisiti per i consumatori di energia elettrica che vogliono divenire “autoconsumatori” di energia dell’applicazione del medesimo articolo 42-bis. Condizioni che riportiamo qui di seguito:

  • I soggetti partecipanti producono energia destinata al proprio consumo con impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW,
  • Gli impianti in questione devono però essere entrati in esercizio dal 29 febbraio 2020, data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto Milleproroghe ed entro i 60 giorni successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento di recepimento della direttiva Ue citata. Il termine di recepimento della direttiva è il 30 giugno 2021.

Nel caso dell’autoconsumo collettivo in presenza di condominio, il punto di riferimento è il condominio stesso, che agisce nella persona dell’amministratore o di un suo rappresentante.

In questo caso, le somme corrisposte dal GSE al condominio saranno poi attribuite a ciascun condomino, in base ai criteri stabiliti dalle delibere assembleari.

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RED II, cosa stabilisce il decreto su autoconsumo e CER

Il decreto Red II contiene alcune importanti novità sulle comunità energetiche rinnovabil come l’ampliamento del perimetro di aggregazione e la rimozione del limite di 200 kW di potenza.

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Dopo la pubblicazione in Gazzetta del Dlgs RED II, l’Italia può finalmente dire di aver completato il processo di attuazione della direttiva europea 2018 per la promozione delle energie rinnovabili. Il decreto attuativo infatti sembra davvero offrire una nuova spinta ai soggetti che possiamo definire come energy citizens italiani.

Il testo del Dlgs Red 2 in particolare era atteso da diverso tempo. La norma infatti introduce nell’ordinamento nazionale diverse novità come gli incentivi previsti per le fonti rinnovabili oppure le norme per l’individuazione delle aree idonee d’installazione.

Fra i temi più attesi dal grande pubblico c’è quello inerente le comunità energetiche rinnovabili (CER) e i gruppi di autoconsumo condiviso. Il decreto Red II ha infatti l’importante scopo di completare il recepimento all’interno della legislazione italiana delle disposizioni in materia di autoconsumo ed energia condivisa.

La legislazione italiano era infatti, rispetto a questi temi, ancora incompleta. Le normative in materia di autoconsumo e comunità energetica infatti erano stabilite solamente in via sperimentale per merito del decreto Milleproroghe del 2019 che conteneva le prime indicazioni e paletti.

Il Governo quindi, grazie al decreto Red II ha organizzato in maniera sistematica la normativa con l’obiettivo di accelerare la trasformazione del territorio. Ma cosa cambia con il recepimento della direttiva europea Red II? Quali sono le novità rispetto al decreto Milleproroghe del 2019?

Possiamo, in maniera superficiale, rispondere a queste domande che sono due le grandi modifiche apportate da questo testo:

  • ampliamento del perimetro d’aggregazione; 
  • rimozione del limite di 200 kW di potenza per gli impianti installati.

Tuttavia sono stati introdotti altri aspetti che a nostro avviso meritano di essere approfonditi, cosa che ci accingiamo a fare qui di seguito.

Le misure per l’energia condivisa introdotte dal decreto Red II

Autoconsumo di energia

Secondo il Decreto Red II l’auto-consumatore di energia rinnovabile è colui che produce e accumula energia elettrica da fonti rinnovabili per il proprio fabbisogno e quindi consumo. Costoro però possono comunque vendere l’energia che l’impianto a fonti rinnovabili, come ad esempio il fotovoltaico, produce in eccesso rispetto a quella auto-consumata. La vendita potrà avvenire in maniera diretta oppure tramite un aggregatore.

In particolare, la produzione di energia da fonti rinnovabili può avvenire in due modi:

  • realizzando un impianto FER direttamente interconnesso all’utenza del cliente finale. Da precisare che l’installazione di questo impianto FER può essere anche di proprietà o gestita da un terzo.
  • tramite uno o più impianti a fonti rinnovabili locati in siti oppure in edifici diversi rispetto ai quali opera l’autoconsumatore. Questi impianti dovranno però impiegare la rete di distribuzione esistente per condividere l’energia che producono in eccesso. L’importante è che i punti di prelievo di questa energia siano nella titolarità dello stesso autoconsumatore.

Le novità per le comunità energetiche

Anche nel caso delle comunità energetiche, l’energia autoprodotta deve essere utilizzata in via prioritaria per l’autoconsumo dei membri della comunità. Tuttavia l’energia prodotta in eccesso dagli impianti FER, può comunque essere venduta.

L’energia prodotta dagli impianti FER può comunque essere condivisa tramite la rete di distribuzione nell’ambito della stessa zona di mercato. L’importante è che sia sempre verificata “la sussistenza del requisito di connessione alla medesima cabina primaria per l’accesso agli incentivi”.

Possono far parte della comunità energetica tutti quegli impianti realizzati dopo il recepimento della normativa RED 2, ma anche quelli esistenti. Il requisito da rispettare, in questo caso, è che gli impianti esistenti partecipino ad una C.E. per una quota non superiore al 30% della potenza complessiva che fa capo alla comunità.

Inoltre, secondo il decreto Red II la CER può:

  • produrre altre forme di energia da rinnovabili finalizzate all’utilizzo da parte dei membri,
  • promuovere interventi integrati di domotica e di efficientemente,
  • offrire servizi di ricarica dei veicoli elettrici e assumere il ruolo di società di vendita al dettaglio.

Incentivi per le comunità energetiche

Il testo del decreto RED II modifica inoltre anche lo schema degli incentivi che già il decreto Milleproroghe prevedeva per le Comunità Energetiche. La prima cosa su cui interviene il nuovo testo sono i limiti di potenza degli impianti incentivati a 1 MW.

Dopo aver stabilito i limiti di potenza degli impianti incentivati, il decreto RED 2 stabilisce anche i contributi che vengono erogati sotto forma di tariffe incentivanti. In particolare il contributo verrà attribuito solo in riferimento alla quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo connesse sotto la stessa cabina primaria, non più secondaria quindi come stabiliva il Decreto Milleproroghe 2019.

Clicca qui per farti un’idea sul quadro completo della normativa CER al 2023!

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La comunità energetica è la scelta migliore per un futuro sostenibile

La comunità energetica: ecco come fare parte del cambiamento per un futuro più sostenibile

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In questi ultimi anno l’argomento della generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili è sempre più di moda. Possiamo infatti affermare che il futuro delle energia sostenibile è mosso dal modello delle delle 3D: Decarbonizzazione: Digitalizzazione e Decentralizzazione. E’ perseguendo questi tre obiettivi che ognuno di noi potrà prendere parte al cambiamento attraverso la comunità energetica che porterà ad un autoconsumo dell’energia.

Questo perché la generazione dell’energia elettrica è senza dubbio una delle principali cause dell’inquinamento da CO2. Lo stesso inquinamento che è responsabile per la maggior parte dei cambiamenti climatici che stanno compromettendo il futuro del nostro pianeta.

Per fortuna oggi, le tecnologie digitali hanno democratizzato, rendendole accessibili a tutti, alcune risorse ed ambiti che fino ad alcuni anni fa erano sotto l’esclusivo controllo di organizzazioni centralizzati. E’ quindi anche attraverso la digitalizzazione che è possibile puntare ad un livello di penetrazione maggiore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

La sostenibilità per quanto riguarda la produzione dell’energia è anche sinonimo di concetti come quello de la comunità energetica che è fondamentale per favorire la decarbonizzazione. Solo tramite la digitalizzazione è possibile disintermediare il processo di produzione dell’energia. In altre parole, quello che stiamo cercando di dire è che la tecnologia degli smart contract diventerà fondamentale per governare le transazioni energetiche, come vedremo qui di seguito.

Abbiamo introdotto molti concetti nei precedenti paragrafi, pertanto capiamo che forse ti sentirai un po’ confuso. In ogni caso non preoccuparti, nei prossimi paragrafi cerchiamo di fare chiarezza in merito a questi concetti oltre ad approfondire la comunità energetica!

Il digitale è fondamentale per la disintermediazione

Senza la comunità energetica, come vedremo poi, per avere accesso all’energia elettrica è necessario rivolgersi a degli intermediari produttivi. In sostanza tra consumatori e produttori vi è un terzo soggetto che, oltre a lucrare sullo scambio tra produttori e consumatoti, non crea benefici ambientali di sorta.

Per questo è facilmente comprensibile la sempre più diffusa esigenza di diventare parte attiva del processo di produzione dell’energia. In questo modo si otterrebbero sia vantaggi economici che ambientali.

A questo punto però è necessario affrontare anche il tema della digitalizzazione. E’ infatti grazie ai processi di questo genere che siamo in grado di assumere un ruolo attivo, soprattutto in ambito economico. Insomma, è grazie alla digitalizzazione che oggi assumiamo un differente ruolo con una differente, anche se forse sarebbe meglio dire maggiore, responsabilità, mano a mano che il processo di decentralizzazione procede.

Lo stesso discorso può essere fatto anche per la comunità energetica. Non più grandi e pochi produttori di energia che si affidano ad intermediari per la distribuzione da “uno a molti” della stessa. Al contrario, sono sempre più i piccoli soggetti che producono da soli l’energia che consumano, soggetti che possono anche associarsi e dare vita a comunità energetiche.

La comunità energetica: una collaborazione sostenibile

Prima di comprendere appieno il nesso tra gli smart contract e l’energia elettrica è forse opportuno capire come la tecnologia permetta di avvicinare al consumatore la produzione di energia elettrica attraverso l’accesso alle fonti rinnovabili ed alla sua condivisione.

Quando si decide di installare un impianto generatore di energia elettrica da fonti rinnovabili allora implicitamente si sta decidendo di diventare autonomi energeticamente parlando. 

L’energia prodotta da questi impianti, prevalentemente fotovoltaici, può quindi essere utilizzata in due modi. Il primo, quello più ovvio, è utilizzarla per soddisfare il fabbisogno energetico dell’edificio in cui l’impianto è installato. Il secondo consiste invece nel vendere l’energia prodotta in eccesso ad altre reti elettriche, oppure di immettere tale energia nella rete elettrica nazionale o in altre reti. Ovviamente prima di intraprendere qualsiasi decisione è necessario analizzare bene quali sono le norme e la burocrazia da rispettare.

Abbiamo quindi specificato, che l’energia elettrica prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili in eccesso può essere immessa in altre reti. E’ quindi immaginabile come più soggetti possano associarsi tra di loro e costituire così una rete elettrica alternativa nella quale far confluire l’energia che i loro impianti producono in eccesso. Energia che quindi verrebbe condivisa fra coloro che fanno parte di questa rete alternativa che a tutti gli effetti sarà la comunità energetica di cui questi soggetti faranno parte.

La differenza tra Micro grid e smart grid

La comunità energetica non è una sola, ma ne esistono diverse tipologie che si differenziano in base alle diverse reti elettriche. In particolare possiamo distinguerne due tiplogie: le micro grid e le smart grid.

Ma in cosa consiste la loro differenza?

Le micro grid sono sostanzialmente delle reti elettriche con copertura locale. L’elettricità generata in queste reti viene sostanzialmente utilizzata per soddisfare le esigenze delle utenze locali. In pratica, un parco residenziale in grado di generare elettricità localmente e distribuirla ai vari condomini è una micro grid.

Il salto di qualità che fa diventare un micro grid in una smart grid, è però l’inserimento in una micro grid in tecnologie digitali affinché esse possano essere controllate e gestite a distanza. Questo significa che le smart grido sono di fatto connesse ad internet e che sfruttano questa connessione per generare e trasmettere dati.  Tuttavia, l’aggettivo smart si riferisce soprattutto al fatto che queste reti sono in grado di veicolare il flusso energetico in base ai consumi. Solo così possono ottimizzare la distribuzione energetica prevedendo picchi di utilizzo o di distribuzione.

Ovviamente, quando i consumi della comunità non superano la capacità generativa dell’impianto, l’energia può essere venduta ad altre comunità o essere veicolata sulla rete nazionale se la regolamentazione lo permette.

La comunità energetica: quali sono i vantaggi del farne parte?

La comunità energetica è a tutti gli effetti, un soggetto giuridico. Ciò significa almeno uno dei suoi membri, per potervi accedere, dovrà installare dei generatori di energia elettrica da fonti rinnovabili. Ognuno di questi generatori però non deve avere una potenza superiore ai 200 kW. Inoltre, i membri di una C.E. dovranno essere connessi alla stessa cabina di trasformazione media/bassa tensione da cui la C.E. preleva l’energia quando questo impianto non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico dei suoi membri.

Oggi, dopo il decreto Red II, alcuni questi parametri sono cambiati. In particolare è stato innalzato ad 1 MW il limite dei 200 kW ed è possibile far parte di una C.E.R. per tutti coloro che sono collegati alla stessa cabina primaria, ampliando così significativamente il numero dei possibili membri.

Dopo averne elencato brevemente i requisiti possiamo passare in rassegna i vantaggi del far parte de la comunità energetica di Valore Comunity. Vantaggi che ovviamente non si limitano all’aspetto etico ed alla consapevolezza di essere parte attiva della transizione ecologica in atto, ma che sono anche economici. I membri de la comunità energetica infatti possono acquistare energia per il proprio fabbisogno ad un prezzo ridotto grazie alle tariffe incentivanti previste dal GSE. Tariffe incentivanti di cui parliamo qui e che sono diverse a seconda che il soggetto sia solamente consumatore oppure produttore e consumatore di energia.

Vi sono poi dei vantaggi ambientali dal momento che le C.E.R. contribuiscono in maniera sostanziale alla riduzione di emissioni di CO2. Vantaggi che si sposano bene con la visione di economia collaborativa in cui la condivisione si traduce in un vantaggio collettivo.

Smart contract per la condivisione energetica

Oggi si fa largo uso della parola blockchain, ovvero l’applicazione pratica della Distributed Ledger Technology (DLT). Un ingegnoso uso della crittografia, che attraverso indissolubili evidenze informatiche, assicura immutabilità, trasparenza, decentralizzazione e disintermediazione.

E’ proprio grazie al meccanismo della blockchain che oggi è possibile rendere fluidi e autonomi i processi di business attraverso gli smart contract. Questi non sono altro che dei frammenti di codici informatici che contengono precise regole ed istruzioni che si attivano solo durante sequenze prestabilite ed automatiche che si verificano a determinate condizioni.

In sostanza quindi gli smart contract non fanno altro che applicare regole contrattuali definite da quadro normativo in linea al sistema economico scelto. Praticamente è come se venisse creato un algoritmo di fatturazione ed inserito all’interno di un software distribuito a tutti i partecipanti alla comunità energetica mantenendo le regole di calcolo delle transazioni in entrata o in uscita dalla rete locale. Il tutto però in maniera decentralizzata e disintermediata e quindi senza necessità di interfacciarsi con un eventuale sistema centralizzato.

Da consumer a prosumer

La comunità energetica quindi contribuirà in maniera decisa al mutamento delle reti elettriche come le conosciamo oggi. In futuro infatti le reti elettriche non saranno più centralizzato ma saranno sempre più decentralizzate. Ma a ben vedere il cambiamento non sarà solo questo.

La digitalizzazione del processo infatti premetterà di affrontare un cambiamento epocale per i consumatori. Non si parlerà più di consumer, ma di prosumer ovvero di soggetti che consumano, ma al tempo stesso producono anche l’energia di cui hanno bisogno. Un cambiamento che è reso possibile anche grazie alle nuove tecnologie di produzione dell’energia da fonti rinnovabili, specie quando associate ne la comunità energetica. La parola prosumer è infatti la fusione dei termini producer e consumer.

Per dare un’idea della grandezza del fenomeno possiamo tranquillamente rifarci alle previsioni dell’Unione Europea. Entro il 2050 si stima che saranno 264 milioni i cittadini dell’Unione Europea che approcceranno da prosumer il mercato dell’energia elettrica. Costoro potranno generare fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema.

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Il Decreto Red II è entrato in vigore!

Il Decreto Red II è entrato in vigore. Cosa cambia per le comunità energetiche?

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Che lo stato italiano, di comune accordo con gli altri stati europei stia puntando sempre di più alla transizione ecologica non è una novità.  E la transizione ecologica deve per forza di cose passare per una produzione sempre più massiccia di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Ed è proprio in questo ambito che agisce il Decreto Red II andando a normare in maniera più specifica le comunità energetiche.

Le comunità energetiche, in particolare, con l’approvazione del Decreto Red II (d.lgs 8 novembre 2021, 199) entrato in vigore il 15 dicembre, potranno aumentare di dimensioni. In questo modo sarà loro permesso produrre maggiori quantità di energia elettrica riuscendo di fatto a connettere molte più abitazioni, attività produttive, negozi ed edifici pubblici. 

Le comunità energetiche potranno diventare un attore importante sul mercato dell’energia nazionale. Secondo le stime di RSE – Ricerca sul Sistema Energetico, la società di ricerca che fa capo al GSE-Gestore dei Servizi Energetici, nei prossimi dieci anni è possibile immaginare l’installazione di nuovi impianti all’interno delle comunità energetiche per un totale di 7 GW.

Ma in cosa consiste questo Decreto Red II? Qual è la fotografia della situazione sulle comunità energetiche in Italia?

Abbiamo provato a fare il punto della situazione in questo approfondimento.

Clicca qui per farti un’idea sul quadro completo della normativa CER al 2023!

Le novità del Decreto Red II

Come abbiamo già avuto modo di anticipare, la spinta alle comunità energetiche arriva dal Decreto Red II entrato in vigore in questi giorni. Questo decreto di fatto dà piena attuazione alla direttiva 2018/2001 dell’Unione europea sulla promozione e l’uso dell’energia da fonti rinnovabili”. E’ proprio questa direttiva europea a disciplinare il funzionamento delle comunità energetiche.

Il nuovo decreto introduce comunque delle importanti novità rispetto alla precedente legge 8/2020 che aveva recepito parzialmente la sopracitata direttiva. Vediamo qui di seguito quali sono le due più importanti novità del Decreto Red II:

  • Il decreto Red II permette di realizzare impianti più grandi. Se prima, in base alla precedente normativa era possibile installare impianti di potenza fino a 200 kW dopo l’approvazione del decreto sarà possibile arrivare fino a 1 MegaWatt. Questo significa realizzare impianti che hanno una ricaduta maggiore, così come gli investimenti necessari alla loro realizzazione, in ottica di comunità.
  • L’altra novità sta nel fatto che fino a oggi tutti i membri di una comunità dovevano essere collegati ad una cabina secondaria. Perciò i membri di una C.E. dovevano risiedere in un’area abbastanza ristretta come ad esempio gli edifici di una stessa strada o al massimo di un quartiere. Con il nuovo decreto invece, i membri di una comunità devono essere collegati tramite una cabina primaria coinvolgendo quindi un numero maggiore di persone. In alcune aree rurali potrebbero far parte della stessa C.E. anche alcuni comuni.

L’analisi di RSE

A questo punto è doveroso prendere in esame la situazione delle Comunità energetiche in Italia di questi ultimi due anni precedenti l’approvazione del Decreto Red II. A farlo è stata la stessa RSE, analizzando 58 soggetti divisi tra 23 imprese energetiche di comunità non conformi alla normativa attuale (perché avviate negli anni precedenti alle più recenti innovazioni legislative), otto community energy builders e 27 comunità energetiche rinnovabili avviate in osservanza della legge 8/2020.

Secondo le parole di Maurizio Delfanti, amministratore delegato di RSE:

“Queste iniziative, che possiamo definire prototipali data la dimensione degli impianti e il perimetro dell’intervento, hanno già fatto vedere come le comunità energetiche possano andare al di là del semplice interesse di autoconsumare l’energia prodotta nel territorio riducendo indirettamente la spesa energetica per il singolo: delineando per esempio interventi di contrasto alla povertà energetica, o politiche territoriali per promuovere il ripopolamento di alcune aree del Paese”

Prendendo in esame le comunità energetiche mappate, è emerso come queste in realtà siano distribuite in maniera abbastanza omogenea nel territorio nazionale. Tuttavia, alcune di queste realtà non sono ancora state riconosciute formalmente pur avendo iniziato il processo di costruzione della comunità e degli impianti. Altre realtà invece sono interessate a sviluppare progetti più ambiziosi e grandi rispetto a quelli permessi dalla legge 8/2000 e pertanto hanno preferito aspettare.

Conclusioni della ricerca

Da un lato uno degli obiettivi del Decreto Red II è quello di ampliare il più possibile la possibilità per le persone comuni di diventare a tutti gli effetti dei produttori di energia. La ricerca di RSE evidenzia anche come le comunità energetiche servano a dare risposte a tutta una serie di esigenze e problematiche del territorio.

Quello che infatti è importante per quanto riguarda le CER è il concetto di comunità. Solo tenendo a mente questo concetto è possibile capire come le Comunità energetiche in realtà nascano per dare uno risposta innovativa e diversa al modo di produrre e consumare energia. E’ infatti tramite le comunità energetiche che è possibile mettere i cittadini al centro di quel progetto di transizione energetica tanto ricercato dai legislatori. L’energia inoltre, non è solo un bene economico ma è anche un mezzo per promuovere lo sviluppo locale rispondendo alle esigenze del territorio.

Oltre a ciò, questi due anni di sperimentazione, hanno permesso di individuare criticità e punti di forza di questo modello. Elementi su cui è importante intervenire, e che il Decreto Red II aiuterà a fare, se si vuole che le comunità energetiche abbiano successo.

Punti di forza e criticità

Uno dei temi aperti sul tema delle comunità energetiche riguarda i piccoli comuni con meno di 5mila abitanti ed il coinvolgimento dei loro enti locali. Sono proprio questi soggetti a dover essere i principali promotori delle comunità energetiche sfruttando anche gli investimenti previsti dal Piano Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che ammontano a 2,2 miliardi di euro. Tuttavia, sono proprio i piccoli comuni a rischiare più di altri soggetti di essere esclusi dalla C.E. proprio per la mancanza di competenze specifiche in merito. Una situazione questa che non può di certo essere risolta dal solo Decreto Red II.

Le piccole realtà che decidono di impegnarsi attivamente devono pertanto essere messe nelle condizioni di poterlo fare. E ciò è possibile solo tramite una legislazione e regolazione efficace, anche se, ovviamente, è evidente che lo stato non ha la possibilità di raggiungere tutti i territori. E’ quindi necessario che diversi soggetti collaborino fra di loro, dai community energy builder alle Regioni, alle comunità montane fino all’Anci.

Informazione, formazione e servizi diffusi sui territori sono alcuni degli elementi fondamentali per permettere alle comunità energetiche di fare un salto in avanti.

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Qual è il trattamento fiscale per le somme erogate dal GSE per le C.E.R.?

Il trattamento fiscale per le somme erogate dal GSE per le C.E.R. secondo l’Agenzia delle Entrate

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Quella delle comunità energetiche è una grossa opportunità da un punto di vista economico. I membri della comunità infatti, possono accedere a delle tariffe incentivanti per il consumo dell’energia prodotta all’interno della comunità ma non solo questo. Possono anche avere diritto ad una remunerazione per tutta quell’energia che anziché essere consumata viene re-immessa nella rete elettrica nazionale.

A questo punto però una domanda è lecita: quale trattamento fiscale è riservato alle somme erogate dal GSE alle C.E.R.?

A fornire chiarimenti in merito è la risoluzione n. 18/E del 12 marzo 2021 che, oltre ad esaminare i termini di applicazione del Superbonus fornisce indicazioni in merito al quesito sopra posto. In particolare, fornisce indicazioni in merito al trattamento fiscale delle delle somme erogate dal Gestore dei servizi energetici (Gse) ai condomìni, composti solo da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni, che aderiscono alle Comunità Energetiche o alle configurazioni di autoconsumo collettivo.

Per questo, dal momento che il trattamento fiscale riservato a queste somme è una questione di primaria importanza per i membri di una comunità energetica, abbiamo deciso di analizzare il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate in questo approfondimento.

Quali sono le somme erogate dal GSE per le CER o le configurazioni di auto-consumo collettivo?

Prima di prendere in esame il trattamento fiscale riservato alle somme erogate dal GSE, abbiamo ritenuto opportuno ricapitolare brevemente quali sono queste somme.

Le tariffe incentivanti

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha individuato una cosiddetta “tariffa incentivante” per gli impianti a fonti rinnovabili che fanno parte di comunità energetiche e configurazioni di autoconsumo collettivo. Il meccanismo tariffario di incentivazione serve proprio a premiare l’autoconsumo istantaneo oltre che l’utilizzo dei sistemi di accumulo e prevede che sia il GSE ad erogare questa remunerazione.

Il fatto che questa tariffa serve soprattutto ad incentivare l’autoconsumo istantaneo dei soggetti definiti come “auto-consumatori collettivi” o i membri della comunità energetica significa che la quota di energia ceduta alla rete elettrica nazionale sarà minima. Una quota ridotta che si cerca in tutti i modi di disincentivare dal momento che la tariffa per questa energia viene:

“applicata al minor valore tra l’energia elettrica immessa in rete dagli impianti F.E.R. facenti parte della configurazione e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali della configurazione. Valore che è calcolato per ciascuna ora.”

La restituzione della componente distribuzione

Il GSE non si limita ad applicare delle tariffe incentivanti. Il GSE effettua anche la restituzione delle componenti tariffarie disciplinate in via regolata, nonché di quelle connesse al costo della materia prima energia. 

Queste componenti infatti non sono tecnicamente applicabili all’energia condivisa in quanto viene autoconsumata sulla sulla stessa porzione di rete di bassa tensione. In altre parole l’energia condivisa non viene trasferita mediante la rete elettrica nazionale di distribuzione dell’energia. Per questa ragione viene equiparata a quello auto-consumata direttamente in loco.

Il corispettivo per la vendita dell’energia

Il Gse riconosce poi un corrispettivo per la

“vendita dell’energia, nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione. Costui ha poi facoltà di successiva cessione al Gse medesimo (“Ritiro dedicato”)”.

Le “Regole tecniche per l’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa” prevedono che le somme vengano corrisposte al referente delle configurazioni di comunità energetica o autoconsumo collettivo.

In particolare, nel caso di autoconsumo collettivo di un condominio, il referente è il condominio stesso. Ovviamente il condominio agisce tramite un suo amministratore oppure di un rappresentante appositamente individuato che dovrà poi redistribuire a ciascun condomino le somme erogate dal GSE. Queste somme saranno erogate secondo criteri stabiliti dalle delibere assembleari.

Il trattamento fiscale delle somme erogate dal GSE

La risoluzione n. 18/E del 12 marzo 2021 dell’Agenzia delle Entrate stabilisce il trattamento fiscale riservato alle somme erogate dal GSE per le C.E.R e le configurazioni di autoconsumo. In particolare, il trattamento fiscale riservato ai clienti finali, persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni della configurazione è il seguente:

  • la “tariffa premio” non assume rilevanza reddituale;
  • le componenti tariffarie restituite non sono fiscalmente rilevanti. Queste infatti sono considerate come “contributo aggiuntivo dovuto alle perdite di rete evitate”;
  • il corrispettivo per la vendita dell’energia, nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al Gse medesimo, invece è fiscalmente rilevante. A tutti gli effetti, questo corrispettivo infatti configura un reddito diverso (articolo 67, comma 1, lettera i) del Tuir).
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Quali sono gli incentivi per le Comunità Energetiche?

Il punto sulla situazione degli incentivi per le Comunità Energetiche e per le configurazioni ad autoconsumo collettivo

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Da qualche anno a questa parte anche l’Italia ha deciso do entrare in maniera decisa campo delle comunità energetiche rinnovabili. L’approvazione del Decreto Milleproroghe prima, quella del Decreto sulle Comunità Energetiche del 16 settembre 2020 ed il recepimento direttive RED II e IEMD sono dei passi importanti che delineano la normativa che riguarda le CER.

Si tratta quindi di normative volte a favorire la diffusione di energia “verde” e prodotta in maniera sostenibile. Le comunità energetiche sono infatti dei sistemi di produzione dell’energia virtuosi in cui l’energia prodotta dagli impianti viene condivisa fra i membri della comunità. E proprio perché sono dei sistemi virtuosi che si basano sulle fonti rinnovabili sono pienamente in linea con gli obiettivi di transizione ecologica lo stato italiano ha implementato degli incentivi comunità energetiche.

Agevolazioni che si vanno a sommare a quelle già predisposte per per la riqualificazione energetica degli edifici la cui proroga è in discussione in questi giorni nella Legge di Bilancio 2022.

Ma in cosa consistono questi incentivi comunità energetiche?

Abbiamo cercato di fare il punto della situazione in questo approfondimento insieme ai nostri esperti.

Cosa è una comunità energetica?

Prima di proseguire la nostra disamina sugli incentivi comunità energetiche, abbiamo ritenuto opportuno ricapitolare brevemente il concetto di comunità energetica.

Come forse saprà già, comunità energetica, o una comunità energetica rinnovabile è sostanzialmente di un’associazione della quale possono fare parte cittadini privati, imprese o attività commerciali, ma anche enti locali.

I membri di questa associazione, qualora possiedano degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili come il fotovoltaico, possono auto-consumare l’energia che questi impianti producono. Come? Condividendo fra di loro l’energia prodotta da questi impianti. A voler essere precisi quindi possiamo definire una Comunità Energetica come:

Una forma collaborativa di produzione di energia da fonti rinnovabili che è basata su di un sistema di scambio locale dell’energia. Le C.E. servono dunque a favorire gestione congiunta dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, lo sviluppo sostenibile e ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale.

Sostanzialmente, la rivoluzione delle comunità sta nell’implementazione di una nuova rete di distribuzione che di non è più unidirezionale “da uno a molti” ma diventa bidirezionale “da molti a molti”. In questo modo, il semplice consumatore può diventare anche al tempo stesso produttore con evidenti vantaggi economici. Vantaggi economici a cui si sommano gli incentivi comunità energetiche che prenderemo in esame qui di seguito.

Incentivi Comunità energetiche

Innanzitutto è utile chiarire come gli incentivi comunità energetiche verranno erogati sia sull’energia immessa nella rete nazionale dagli impianti a fonti rinnovabili, sia sull’energia che viene condivisa fra i membri della comunità.

In particolare, l’energia condivisa è definita dalla Delibera Arera 318/2020/R/EEL come:

 “il minimo, in ciascun periodo orario, tra l’energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti alimentati a fonti rinnovabili e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali associati” (Delibera Arera 318/2020/R/EEL.”

In altre parole quindi, l‘energia condivisa è quella che viene prodotta dagli impianti ad energia rinnovabile e autoconsumata, anche tramite l’utilizzo di sistemi di accumulo, dai membri della comunità. L’incentivo comunità energetiche in questione ha una durata di 20 anni e verranno erogati a conguaglio. Il GSE infatti, prima di erogare questi contributi, dovrà acquisire dal distributore le misure orarie dell’energia condivisa.

Incentivi Comunità Energetiche  sulle sull’energia immessa in rete

Su tutta l’energia prodotta in eccesso dagli impianti fotovoltaici della comunità energetica ed immessa in nella rete di distribuzione nazionale, i membri della C.E.R. potranno beneficiare del ritiro dedicato GSE o della vendita al mercato. In quest’ultimo caso, il prezzo applicato sarà quello corrispondente allo  zonale orario che di solito si attesta intorno a 50 €/MWh.

Incentivi sull’energia condivisa

La remunerazione sull’energia condivisa è invece così composta

  • 100 €/MWh – per le iniziative di autoconsumo collettivo;
  • 110 €/MWh – per le comunità energetiche;
  • 9 €/MWh – come restituzione dei costi non sostenuti per la gestione del sistema elettrico. L’energia condivisa fra i membri della Comunità Energetica infatti non transita nella rete di distribuzione nazionale ma viene auto-consumata in loco.

Detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica

Accanto agli incentivi comunità energetiche esistono anche altri vantaggi fiscali che possono rendere l’ingresso in una C.E.R. ancora più conveniente. Abbiamo riassunto brevemente le detrazioni fiscali che possono incrementare i vantaggi economici del far parte di una Comunità Energetica qui di seguito.

Ecobonus: detrazioni al 50% per il fotovoltaico

Sarà possibile beneficiare di una detrazione fiscale del 50% per l’installazione di un impianto fotovoltaico anche se questo è destinato ad iniziative di autoconsumo collettivo e di comunità energetica. Ovviamente, potranno beneficiare della detrazione solo gli impianti di potenza complessiva inferiore ai 20kWp con relativi sistemi di accumulo. A questa detrazione andranno poi sommati gli incentivi previsti sia sull’energia condivisa che su quella immessa in rete.

La scadenza di questa detrazione è al momento prevista per il 31 dicembre 2021. Tuttavia è in corso di approvazione la Legge di Bilancio 2022 nella cui bozza è contenuta una proroga al 2025 per la detrazione. Per il momento però dobbiamo attenerci alla scadenza citata in precedenza anche se le prospettive sono rosee.

Superbonus 110%

E’ possibile, per le configurazioni di autoconsumo collettivo e comunità energetiche, accedere al Superbonus 110% (ne parliamo anche qui). I requisiti per accedere alla maxi-detrazione sono però i seguenti:

  • effettuare un intervento trainante;
  • realizzazione di un impianto con potenza inferiore a 20kWp;
  • spesa per la realizzazione non superiore a 96.000 euro.

Il superbonus inoltre è cumulabile con l’incentivo comunità energetiche della restituzione dei costi non sostenuti per la gestione del sistema elettrico (9 €/MWh) e con il ritiro dedicato per l’energia immessa in rete. Tuttavia non è possibile cumulare alla detrazione del 110% l’incentivo i 100-110 €/MWh per l’energia condivisa.

Conclusioni sugli incentivi comunità energetiche

Dal quadro sugli incentivi comunità energetiche che abbiamo cercato di dipingere in questo approfondimento emerge una cosa con chiarezza. Le comunità energetiche sono a tutti gli effetti una notevole occasione di risparmio economico dal momento che sommando tutte le componenti è possibile ottenere un incentivo ventennale che raggiunge i 170 €/MWh.

A questo incentivo va ulteriormente sommato il risparmio in bolletta generato dall’autoconsumo dell’energia prodotta direttamente dall’impianto fotovoltaico. Un risparmio che i pannelli solari sono oramai in grado di garantire almeno per 20 anni. Infine c’è anche da considerare che un immobile sul cui tetto è installato un impianto fotovoltaico ha una valore ben diverso da uno che non lo ha installato.

Pertanto possiamo solo suggerirti di stare attento a non perdere l’occasione per entrare a far parte di una Comunità Energetica!

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Recepimento direttive RED II e IEMD: approvate le bozze del decreto attuativo

Le bozze del decreto attuativo per il recepimento delle direttive RED II e IEMD sono state approvate dal consiglio dei ministri. Ecco tutte le novità

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Recentemente, il consiglio dei ministri, ha approvato le bozze del decreto attuativo per il recepimento delle direttive RED II e IEMD della Commissione Europea. Come avrai avuto modo di leggere fra queste pagine, le direttive riguardano soprattutto la promozione dell’uso di energia rinnovabile e la regolazione del mercato interno dell’energia elettrica.

Ed è proprio con l’approvazione delle bozze per il recepimento delle direttive RED II e IEMD che il governo ha iniziato il proprio percorso di allineamento al Clean Energy Package europeo del 2018. Tramite questo patto vengono delineati una serie di principi che i ministeri dei vari membri della Comunità Europea dovranno attuare.

Il Clean Energy Pact è una sfida di per sé ardua da portare a termine che è stata resa ancora più difficile da superare dall’approvazione del “Fit for 55”  che di fatto rilancia gli stessi obiettivi individuati precedentemente. Le misure in oggetto sono in questo momento al vaglio delle commissioni Parlamento Europeo. Il nuovo pacchetto, quando sarà approvato, porterà all’inevitabile revisione delle direttive sulle rinnovabili. Ciò comporterà quindi un nuovo percorso di recepimento anche a livello di singolo stato.

Gli obiettivi fissati da entrambi questi accordi sono particolarmente ambiziosi e prevedono un notevole aumento della quota di installazioni FER. Per questo motivo è previsto anche un contributo dai modelli energetici che si basano sulla condivisione dell’energia, come le Comunità Energetiche Rinnovabili e l’auto consumo collettivo.

Comunità Energetiche che però, possono prendere vita pienamente solamente dopo il recepimento delle Direttive Red II e IEMD da parte dei singoli stati. Recepimento che stiamo per prendere in esame qui di seguito a partire dalle bozze del decreto sulle Comunità Energetiche approvato pochi giorni fa.

Recepimento direttive RED II e IEMD: le novità delle bozze di decreto sulle Comunità energetiche

Sono molti i temi che vengono toccati dal recepimento delle direttive RED II e IEMD anche se, senza dubbio, quello principale riguarda le comunità energetiche. Di esse vengono, in particolar modo, ridefiniti i principi, le regole per la costituzione, le modalità tramite cui potranno interagire con il mercato elettrico ed infine gli elementi che ne governano l’incentivazione.

Lo schema delineato dalle bozze del decreto attuativo non sembra discostarsi molto dal sistema attualmente definito dalla Legge n.8 del 28 febbraio 2020 (DL Milleproroghe). Dobbiamo infatti prendere atto che il modello generale, strutturato attorno all’incentivazione dell’energia condivisa rimane pressoché il medesimo.

Il recepimento delle direttive RED II e IEMD però presenta tutta un’altra serie di novità ad alto impatto come le seguenti due:

  1.  la soglia per gli impianti rinnovabili che possono essere utilizzati nelle REC passa a 1 MW rispetto ai 200 kW fissati dal modello transitorio attualmente in vigore.
  2.  il perimetro di applicazione delle REC viene spostato dalla cabina secondaria alla cabina primaria. In questo modo c’è quindi la possibilità di costituire comunità energetiche molto più grandi rispetto ad adesso (anche 100 volte)

A questo punto é facile presupporre che, soprattutto a causa della possibilità di costituire REC più grandi, l’interesse verso questo modello sia destinato a crescere.

Clicca qui e scopri il quadro completo della normativa sulle comunità energetiche rinnovabili al  2023!

Le altre novità

Il Recepimento direttive RED II e IEMD tramite la bozza del decreto attuativo, porta con se anche altre novità altrettanto importanti per gli operatori ed il loro approccio al modello delle comunità energetiche. Le modifiche più importanti riguardano diversi aspetti e le abbiamo riassunte qui di seguito:

  • Criteri per poter entrare a far parte di una Comunità Energetica. Può far parte di una comunità energetica qualsiasi operatore, a patto che il controllo della stessa sia in capi a privati, PMI ed enti pubblici. La differenza rispetto alla normativa precedente è che prima questi soggetti erano gli unici ad essere ammessi come unici membri.
  • Ruoli che possono rivestire i soggetti terzi (ESCo). Essi adesso possono ricoprire sia il ruolo di produttore che di proprietario degli impianti, ma anche quello di referente della Comunità (ovvero quel soggetto che è incaricato dell’interazione con le istituzioni del sistema elettrico. Quest’ultima circostanza, se confermata, semplificherebbe notevolmente la partecipazione delle ESCo alla comunità energetica. Esse infatti potrebbero trovare in soggetti strutturati un valido supporto nella gestione operativa dello schema di autoconsumo. In questo modo potrebbero fungere da volano per lo sviluppo di queste configurazioni.
  • Possibilità di appoggio delle comunità energetiche a reti private, gestite o realizzate dalla Comunità. Le bozze del decreto per il Recepimento direttive RED II e IEMD suggeriscono questa possibilità che nel modello precedente non era nemmeno considerata.

Bozze di decreto per le direttive RED II e IEMD: le disposizioni per il mercato elettrico rinnovabile

Le bozze di recepimento delle direttive Red II e IEMD non affrontano però solamente gli argomenti legati alle C.E.R. Affrontano anche alcuni aspetti legati all’autoconsumo che andiamo a riassumere brevemente qui di seguito.

  • Disposta la creazione di una sorta di “sigla unica” dell’autoconsumo fisico individuale (SSPC). Sarà questa sigla ad incorporare poi le varie sigle esistenti (SEU, ASAP, ASE, ecc. La nuova sigla includerà tutte le configurazioni in cui vi sia un produttore (o più produttori se dello stesso gruppo) connessi con un collegamento privato a un consumatore (o più consumatori se dello stesso gruppo), a patto che tutti gli elementi siano localizzati su particelle catastali contigue. Tuttavia, per questi sistemi non sarà più possibile godere dello Scambio sul Posto, abolito con effetto quasi immediato per i nuovi progetti. Lo scambio sul posto lascerà il posto ad una tariffa incentivante “pura”.
  • SDC (reti private che connettono impianti di produzioni con una molteplicità di clienti in ambito industriale, commerciale o di siti di servizi condivisi). Se con la normativa attuale risulta impossibile sviluppare iniziative di questo tipo, la bozza IEMD sembra invece suggerire che, pur con una serie di condizioni e requisiti lo sviluppo di nuovi SDC sia possibile.

Conclusioni

Nell’attesa dei tantissimi decreti attuativi per il recepimento delle direttive RED II e IEMD e dell’intervento delle autorità per la regolazione del mercato di queste soluzioni possiamo guardare al futuro con ottimismo.

Certo, alcuni dubbi in merito alla normativa rimangono ancora, ma se il mercato dovrà apprezzare tale visione, le comunità energetiche rinnovabili potrebbero rappresentare un volano per la crescita della produzione di energia rinnovabile e decarbonizzazione.

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